Il fu Mattia Pascal

Quanto è attuale portare in scena Pirandello? Quanta carne c’è ancora in quell’esangue fauna di schizzati personaggi che il genio dell’agrigentino s’incarica di traghettare dal disastro terrificante della loro vita all’altezza di drammi universali?
E’ una scommessa che ha fatto Daniele Pecci, attore quarantottenne che dopo anni di fiction TV si cimenta con orgoglio non solo come protagonista ma anche nella riduzione per il teatro del romanzo pirandelliano, cui ha lavorato col regista Guglielmo Ferro. La riflessione da cui parte per questo lavoro è: oggi abbiamo bisogno di codici per accedere al nostro stesso conto bancario, viviamo di password per testimoniare in continuazione la nostra identità. Ma nell’essenza chi siamo?
Mattia Pascal abita in un paese immaginario, è stato raggirato da un mascalzone e gli è rimasto ben poco dell’eredità lasciatagli dal padre. Allontanandosi dal paese dove lascia situazioni difficili da sostenere, finisce per tentare la sorte al casinò. Mentre è a Montecarlo legge del ritrovamento di un cadavere cui attribuiscono la sua identità: quale occasione migliore per sottrarsi ai doveri della vita grama che gli tocca vivere? Viaggia, ricco della vincita alla roulette, e poi cambia identità, diventando Adriano Meis e si trasferisce a Roma.
Ma basta cambiare nome e città per diventare un altro? Questo è il quesito di fondo dell’opera pirandelliana. A Roma, dove vive da pensionante, la giovane donna di cui si innamora è raggirata da un cognato vedovo e lui potrebbe salvarla solo sposandola. Lo farebbe anche, se solo quell’uomo di cui veste i panni, esistesse ufficialmente: Mattia/Adriano ha due nomi e due vite, ma non ha identità. Nulla può.
La scena di Salvio Manciagli risponde alla necessità di mostrarci quanto sia mutevole la persona umana: una macchina teatrale perfettamente funzionante cambia gli ambienti a sipario aperto, e come incubi o ricordi il protagonista può rivivere il già vissuto per rifletterci, unica possibilità rimasta a chi vive senza esercitare alcun potere sulla propria stessa vita, come siamo noi tutti in realtà, burattini pirandelliani tirati dai fili di un pazzo.
La regia di Guglielmo Ferro è efficace e precisa.
In scena al Teatro Quirino di Roma fino al 18 novembre.

ARCA AZZURRA TEATRO IN CO-PRODUZIONE CON LA CONTRADA – TEATRO STABILE DI TRIESTE E ABC PRODUZIONI
Daniele Pecci
con ROSARIO COPPOLINO, MARIA ROSARIA CARLI
di LUIGI PIRANDELLO
adattamento DANIELE PECCI, GUGLIELMO FERRO
e con GIOVANNI MARIA BRIGANTI, ADRIANO GIRALDI, DIANA HÖBEL, MARZIA POSTOGNA E VINCENZO VOLO
scene SALVO MANCIAGLI
costumi FRANÇOISE RAYBAUD
musiche MASSIMILIANO PACE
regia GUGLIELMO FERRO