Angeli di creta

È una lingua musicale, frammista col dialetto calabrese che ha suoni tradizionali vagamente magici, per chi è nato lontano da quelle terre aspre. Una lingua musicale che si avvale di termini e di immagini della tradizione classica antica, che riecheggia nelle frasi, ma anche nei volti, nei gesti, nel vissuto dei sette personaggi protagonisti del romanzo di Domenico Dara. Che ancor prima di cominciare ci tiene a darci un orientamento sul viaggio che faremo leggendo il suo secondo romanzo, con le due epigrafi che sceglie: i versi del poeta conterraneo Francesco Zaccone

Angeli simu de murtala crita / ma fumma fatti per l’eternità

e le parole del Faust di Fernando Pessoa:

Il mistero supremo dell’Universo / l’unico mistero, tutto in tutto /è che ci sia un mistero nell’universo,/ è che ci sia l’universo,/ qualche cosa, / è che ci sia l’essere.

E con questo viatico possiamo affrontare la conoscenza dei sette protagonisti di Appunti di meccanica celeste. Tutti fanno i conti con una perdita – una mancanza, una morte, un’assenza – e quindi con un desiderio forte – di ritrovare, di avere restituito, di ottenere quel che non c’è (più) –  e il desiderio, si sa, è la molla di ogni trama narrativa e anche di ogni trama esistenziale.

Una donna che ha dovuto dire addio all’innamorato per questioni familiari e da anni lo vede ogni giorno felice a braccetto con chi l’ha sostituita; un uomo che in fabbrica ha perso tre dita e ora la sua mano “iettatrice” gli procura un’immensa vergogna che lo rende cattivo col mondo; un ragazzo nato senza padre, e quindi nato segnato, che in paese è considerato nel peggiore dei modi; un vecchio pazzo che aspetta da sempre il ritorno della madre; un uomo che ha perso il fratello, scomparso all’improvviso tanti anni prima ai margini del bosco e mai più ritrovato; un sarto sessuomane che fornica con tutte le donne del paese donando un amore che non gli è dato di provare; una donna sterile, che desidera un figlio da sempre.

Tutti questi personaggi vivono nello stesso posto – Girifalco – che si estende tra il manicomio e il cimitero e porta in sé le stimmate del luogo letterario per eccellenza, pur essendo il vero luogo natio dell’autore. E tutti covano il dolore della propria mancanza, sorretti da una passione forte – l’invidia, la rabbia, il rancore – o da una fede – nella filosofia, nell’arte, nel sesso, nella musica.

Attraverso una scrittura ricca di metafore e similitudini, Dara ci descrive i movimenti degli abitanti di Girifalco all’interno dei loro spazi esistenziali, angusti ma collegati al movimento celeste, agli incontri delle stelle, agli allineamenti dei pianeti, e all’arrivo improvviso di un nuovo attore collettivo che col suo microcosmo di vite sarà in grado di portare il cambiamento: il circo.

L’entrata in scena di acrobati, pagliacci e domatori ribalta le situazioni, apporta linfa alle storie di ciascuno, ammorbidisce i cuori, procura incontri inaspettati, risolve questioni annose, causa rivoluzioni emozionali.

Il circo muove le vite dei sette girifalchesi come fossero sospese sul trapezio, e anche in assenza di reti di salvataggio, è salvifico per tutti.

È un libro bello, che non esiterei ad annoverare tra i rarissimi casi di letteratura. Domenico Dara è un autore che maneggia le trame e la lingua con coscienza e appopriatezza, e dal chiuso di una terra difficile come la Calabria – ma lui abita da tempo in Lombardia – sa osservare con profondità l’animo umano.

Appunti di meccanica celeste

di Domenico Dara

Edizione Nutrimenti

euro 16,00