Tra terra e mare

Laila, Salma e Nour sono tre giovani donne arabe che vivono a Tel Aviv oggi.

Salma è un avvocato di successo, libera nei costumi e nel cuore, pronta ad innamorarsi, ma scettica nei confronti degli uomini, e non a torto,

Salma è una dj lesbica che per vivere fa la cameriera e la barista,

Mouna una universitaria diligente che si sta per laureare in informatica.

Laila e Salma abitano insieme in un appartamento di Tel Aviv, che è un porto di mare per amici e conoscenti, dove, in una coloratissima confusione, hanno un posto importante fumo, polveri varie e alcol, proprio come tra le giovani generazioni occidentali.

Mouna, che proviene da una famiglia religiosa, è ligia alle leggi del Corano e indossa il velo, si ritrova a condividere con le altre due quell’appartamento. E la convivenza non è facile per nessuno. Mentre scopriamo chi sono le tre donne, ci si rivela un interessante spaccato della vita notturna di Tel Aviv col suo elevato numero di giovani arabo-israeliani che vivono sospesi tra la tradizione e il nuovo come in una terra di mezzo.

Anche le relazioni con le famiglie sono indicative di una emancipazione raggiunta solo in parte. Salma proviene da un nucleo cristiano, i suoi genitori le propongono di tanto in tanto un marito con cui sistemarsi e quando scoprono la sua vera tendenza sessuale, la obbligano a “curarsi”, ma lei scappa e se ne andrà a Berlino;

Mouna ha un buon rapporto con la famiglia di ambiente rurale tradizionale molto religioso, anche il fidanzato è musulmano, credente e praticante, si propone come fustigatore dei costumi e non sopporta che la sua promessa sposa coabiti anche solo per poco tempo con donne infedeli (in realtà lui le chiama “puttane”, il modo più semplice per appellare chi – donna – non la pensa come te), cerca con le buone di trovarle un’altra casa, e poi, per confermare il suo pieno potere su di lei, la stupra.

Mouna, silenziosa e riservata, così come è stata educata, tacerebbe se non fosse soccorsa dalle sue coinquiline e, rotto ogni indugio, non sentisse finalmente di potersi affidare anche ad un altro emisfero, oltre quello familiare. Con l’avvocato Laila e l’aiuto di Salma, troveranno un escamotage per incastrare il fidanzato, ma lo scoglio più importante per Mouna è affrontare il padre, che si rivelerà molto più aperto di quanto non ci si aspetti.

Potrebbe sembrare una storia giovanile come tante in un paese lontano, dove si incontrano usi e costumi diversi e dove c’è – latente – un’insofferenza per l’altro, (Salma è obbligata a parlare ebraico anche nella cucina dove fa la sguattera insieme con altri cittadini arabi, gli amici di Laila e Salma guardano con sospetto il velo di Mouna), però la regista Maysaloun Hamoud è una donna e  protagoniste di questa storia sono donne che portano con sé le caratteristiche delle donne di tutto il mondo: minore potere sociale, soggezione millenaria alle leggi degli uomini. E questo rende questa piccola storia universale.

In between – titolo inglese – traduce correttamente Bar Bahr, il cui significato è in arabo “tra terra e mare”  e in ebraico “né qui né altrove”, per indicare la vita delle tre donne, sospesa tra due dimensioni. La traduzione italiana è come a volte accade fuorviante e un po’ troppo semplicistica. Le nostre eroine sono libere sì, ma fino a un certo punto, e in questo sono simili, ma non uguali, alle donne di qui, disobbedienti sì, ma con tanti sotterfugi per evitare il peggio, e innamorate forse, certamente alla ricerca di una dimensione propria soddisfacente, difficile da ottenere. L’amore di Laila per il ragazzo incontrato in un bar, per esempio, sembra quasi perfetto, ma appena diventa qualcosa di più stretto, rivela le caratteristiche di fondo di quel mondo maschile.

Non è un film riuscitissimo e si sono viste altre opere con questi temi, ma ci mostra uno spaccato di realtà che difficilmente vediamo, con semplicità e immediatezza.

La colonna sonora è interessante, spiccano l’hip hop della band palestinese dei Dam e le canzoni di Yasmine Hamdan.

LIBERE, DISOBBEDIENTI, INNAMORATE – IN BETWEEN
di Maysaloun Hamoud [Israele – Francia, 2016, 96’]
con Mouna Hawa, Shaden Kanboura, Sana Jammelieh, Mahmoud Shalaby, Riyad Sliman