“Era d’ottobre” ovvero la fine del comunismo secondo Paolo Mieli

La scena di “Era d’ottobre” ieri sera al Teatro Vittoria (si replica oggi) si apre con le immagini del film di Eisenstein dedicato alla rivoluzione bolscevica e, successivamente, con il quadro “I funerali di Togliatti” di Renato Guttuso.
Da questo dipinto paolo Mieli prende spunto provando a spiegare i cento anni della rivoluzione comunista e il perché alcuni grandi protagonisti della storia del comunismo (Lenin, Stalin, Togliatti, Dolores Ibarruri, Ho chi Minh) sono rappresentati e altri (Trotzky, Krusciov, Mao, Fidel Castro, Che Guevara, Solgenitsin, Dubcek) no.

Mieli un po gigioneggiando e un po no, racconta la guerra civile spagnola, il secondo conflitto mondiale, la destalinizzazione, i gulag, il dissenso sovietico, le lotte di liberazione, la rivoluzione cinese, quella cubana, la rivolta d’Ungheria, la primavera di Praga, la guerra di Corea e quella del Vietnam e conclude con la stagione di Gorbaciov nonché con il crollo del muro di Berlino del 1989.
In un parterre attento e pieno di colleghi, Mieli con il garbo e l’efficacia dialettica che lo contraddistingue, ci racconta questo secolo: un modo per ricordare, per conoscere ( i giovani nati dopo il 1989), per riappropriarsi di alcuni simboli di cui il comunismo si era appropriato.
Il finale, sollecitato da Mieli in cui tutti in piedi si canta l’internazionale ( la cui origine è tutt’altro che bolscevica) conclude lo spettacolo.