The square

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“Se io prendo la sua borsa e la metto in esposizione al centro della stanza, la sua borsa diventerà un’opera d’arte?”, comincia più o meno da qui l’interesse per i concetti racchiusi in The square, Palma d’Oro al festival di Cannes 2017, da questa domanda che all’inizio del film l’intervistato – Christian, prestante curatore del museo d’arte contemporanea, padre separato di due figlie ancora piccole – fa ad Anne – giovane intervistatrice senza peli sulla lingua, che coabita con un vezzoso scimpanzè imbellettato. E non è casuale che fin dall’inizio si scambino i ruoli tra chi fa le domande e chi le riceve, come evidente vettore di una realtà ribaltata e ambigua.
Concetti, tanti, affastellati in narrazioni frammentate e ricche di paradossi e risvolti quasi surreali, eppure tutti terribilmente veri e attuali come non mai: che cos’è l’arte?
Fin dove si può spingere la fiducia in me stesso e nelle mie scelte?
Fin dove posso fidarmi dei “professionisti della rete” e quando devo smettere di affidarmi ai consigli altrui e fare con la mia testa?
E, soprattutto, che cosa è vero e che cosa è creato da un sistema che privilegia il sensazionalismo alla realtà delle cose?
Ruben Östlund, regista svedese quarantatreenne, che a fare questo film – ne sono certa – si è divertito tantissimo, filma immagini di una borghesia in netto declino, in nord Europa ancora ricca ed elegante, e tratteggia la quotidianità di gente con auto di marca e case dal design impeccabile appartenente all’intellighenzia dell’arte che tutto sembra potere e niente sembra temere. Gli attori sono perfettamente a loro agio nei ruoli che recitano e, sebbene come sempre purtroppo snaturati dal doppiaggio, ci forniscono uno spaccato della Svezia oggi, fatta di incontri senza soverchie emozioni, di artisti in pigiama, egomaniaci e tronfi, che espongono senza pudore mucchi di terra sparsi ammantandoli dell’etichetta di arte contemporanea.
C’è una trama in tutto questo, che parte da un furto: a Christian rubano cellulare e portafogli, proprio mentre sta decidendo come lanciare la nuova mostra, con una coppia di sedicenti pubblicitari senza scrupoli, che propongono un video virale.
La nuova esposizione è un quadrato luminoso costruito nella piazza (una piazza nella piazza – the square). L’artista che ha ideato quel quadrato luminoso – una donna – lo definisce “un santuario di fiducia e altruismo, al suo interno tutti condividiamo uguali diritti e doveri”. Ma in giro per la città, oltre ai borghesi frequentatori del Museo, vediamo decine di senza tetto, mendicanti in ogni angolo, alcuni con pretese eccessive. E’ proprio vero che esiste un santuario del genere nella realtà? Per riottenere cellulare e portafogli intanto, Christian segue i consigli di uno dei suoi giovani collaboratori innescando una miccia che porterà ad una vera e propria deflagrazione in cui salterà in aria una piccola mendicante. Per fortuna è solo una piccola attrice. (Significativo il dialogo sul perché della scelta di una bambina bionda invece che bruna.) E’ tutto falso, ma l’indignazione sul falso in questi tempi di social è assai più sdegnata di quella sulla realtà. La bambina fa parte del video virtuale proposto per lanciare “The square”, e Christian, che ha già fallito il colpo alla cena di presentazione ufficiale con una performance sul ruolo del buon selvaggio in una società avanzata – le sequenze più dure e interessanti del film – è costretto a dimettersi.
Si esce dalla visione di The square con mille domande sulla tenuta di una società consumistica e superficiale come la nostra, ma con la netta sensazione di aver visto finalmente un film che fa pensare.

THE SQUARE
produzione:Svezia, Germania, Francia, Danimarca
Anno:2017
Durata:142 min
Regia:Ruben Östlund
Sceneggiatura:Ruben Östlund
Interpreti e personaggi:
Claes Bang: Christian
Elisabeth Moss: Anne
Dominic West: Julian
Terry Notary: Oleg
Christopher Læssø: Michael
Annica Liljeblad: Sonja
Elijandro Edouard: Pojken