L’ ultima donna

La sdraio

Marco Ferreri, visionario e geniale regista di capolavori come La grande abbuffata, Storie di ordinaria follia, Dillinger é morto, nel 1975 diresse Ciao Maschio seguito immediatamente nel 1976 da L’ultima donna.
Vi si parla di Giovanni, ingegnere cassintegrato, lasciato dalla moglie, che vive col figlioletto Pierino nella grigia periferia industriale di Parigi; all’asilo del bambino conosce Valeria che, in crisi col fidanzato, inizia a frequentarlo. I due vanno a convivere, ma dopo un iniziale periodo molto felice (anche sessualmente), il rapporto scivola nella routine e s’incrina senza un motivo ben preciso. In seguito ricompare l’ex moglie e Giovanni trova pure una nuova fiamma. Nel finale, Giovanni, torturato dall’impotenza psicologica a gestire la sua vita sentimentale e accusato di fallocrazia dalle sue donne, s’evira.
Una sconfitta che dichiara l’incapacità di cambiare.

Leggiamo dal vocabolario Treccani:
“fallocrazia:
/fal:okra’tsia/ s. fallocrazia [comp. di fallo² e-crazia]. – (soc.) [tendenza ad attribuire all’uomo una condizione di superiorità nella società e di predominio rispetto alla donna] ≈ machismo, maschilismo, sessismo. ↔ ‖ femminismo.”

Ma oggi é ancora cosi?
Analizzando le regole sociali dominanti, sembrerebbe che poco sia cambiato, per non parlare del femminicidio e dell’immagine mercificata della donna.
Ma noi non sappiamo immaginare ne vogliamo credere che uomini e donne si troveranno sempre su fronti diversi, ne che per avere un rapporto paritario con le donne si debba compiere noi uomini un gesto cosi definitivo come Giovanni nel film.
Siamo convinti anche se la natura ha scelto due ruoli sessuali distinti per il genere umano, cosi come per quasi tutti gli esseri viventi, che prima di essere donna o uomo si é individui, persone.
Occorre trovare qui in questo comune luogo (l’essere prima di tutto persona) di incontro e scambio i motivi, le ragioni, le condizioni per sconfiggere le ineguaglianze.