
In onda il 23 maggio su Rai 1, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci, “Prima che la notte” di Daniele Vicàri sull’omicidio annunciato del giornalista catanese Pippo Fava, è un gran bel film. “Entra dentro, è bello e gli attori sono veri e credibili, hanno reso vivo tutto. Fava era ottimista ma grida nel deserto, e anche noi rischiamo di farlo” dice Don Ciotti alla presentazione alla stampa. In un suo editoriale, nel film, Fava parla di ‘giornalismo come punto di forza della democrazia’, e – ripartendo da lì – il fondatore di Libera aggiunge: “Mi permetto di dire che sono stanco, oggi, di sentir dire ‘l’etica della professione’. La professione giornalistica è etica! E basta, oggi, abusare della parola ‘legalità’, trattata da bandiera anche da chi la calpesta”, e conclude ” bisogna vivere, non sopravvivere”, o ‘accomodarsi’ come dice nel film il miglior amico e collega di Fava, che preferì l’esercizio di una stampa più morbida. Il protagonista Gifuni, ma gli attori tutti, sono bravissimi e hanno reso con la giusta tensione le emozioni, la passione e la paura della professione in cui credevano, rischiando in prima persona. Film asciutto, commovente e sobrio, senza mai andare sopra le righe o annoiare, seppur lungo (2 h). Si assapora, come in Fortapasc di Marco Risi (altra bella prova filmica sul giornalismo del coraggio che narra della breve vita del redattore – precario – napoletano Giancarlo Siani), la sincera, candida fede nella giustizia che muove certo giornalismo. Il migliore. Già allora si parlava di minacce, intimidazioni e querele temerarie: cose che conoscono bene alcuni colleghi che vivono sotto scorta, e che associazioni come NO BAVAGLIO, OSSIGENO e l’ultima, SOS CRONISTI, difendono e fanno sopravvivere.