Povera Amalia

Amalia Guglielminetti classe 1881, incontra Guido Gozzano nella primavera del 1906 frequentando il Circolo della Cultura di Torino. L’anno dopo entrambi pubblicano una raccolta poetica e si scambiano i rispettivi libri freschi di stampa.
E’così che inizia la tormentata storia d’amore tra questi due giovani poeti torinesi. Il crepuscolare Gozzano, di due anni più giovane, che con “La via del rifugio” ottiene il lasciapassare per il salotto buono della cultura italiana, e la Guglielminetti, già conosciuta nell’ambiente letterario torinese, e che, grazie a questa sua seconda raccolta poetica “Le vergini folli”, affascinerà il critico letterario Arturo Graf (“La sua ispirazione è viva, schietta, delicata quanto più si possa dire, e l’arte la seconda a meraviglia…”) e il critico de La Stampa, Dino Mantovani, che la paragonerà a un insieme di Gaspara Stampa e di Saffo.
Il carteggio intercorso tra i due dal 1907 al 1916, anno della morte prematura di Gozzano, testimonia il complicato legame che vivranno. Dopo l’inizio romantico, lui, che ha appena scoperto di avere una lesione all’apice del polmone destro, le sfuggirà prima con la scusa di periodi di riposo e cure nella Riviera Ligure, poi diventando con lei cinico, quasi crudele e cercando, riuscendoci, di trasformare questa passione in un’amicizia intellettuale e profonda. Lei proverà a inseguirlo calpestando il proprio orgoglio di donna fiera e libera, anticipatrice dei tempi, il cui motto è “ama e godi” in una Torino prettamente maschilista sia sul piano culturale che letterario. Diventa fragile, tenera, appassionata:

Verrete mercoledì: non mi chiederete perdono, non ci daremo delle spiegazioni, non ci diremo niente. Lasceremo solo le nostre anime un poco vicine e le nostre mani un poco congiunte prima di lasciarci per tanto tempo. Sarà una piccola tregua di sogno per Voi e per me.
E ancora:
Perché mi fate piangere, Guido, perché mi fate rimpiangere quel poco che v’ho dato di me? Non dovevo venir con Voi quel giorno per soffrirne dopo, così (…)
Io non voglio che tu mi sfugga, Guido, io non voglia che tu mi segua di lontano come un estraneo, che tu mi riveda ancora un giorno lontano quando forse i miei capelli non saranno più tanto bruni e la mia bocca fresca e i miei occhi lucenti. (…) Nessuno, ti giuro, mi ha mai veduta così spoglia dell’orgoglio, così vestita di pura tenerezza. Tu solo che non mi ami, tu solo che mi sfuggi.

Gozzano:

«Perdonami. Ragiono, perché non amo: questa è la grande verità. Io non t’ho amata mai… Non altro. Già altre volte t’ho confessata la mia grande miseria: nessuna donna mai mi fece soffrire; io non ho amato mai; con tutte non ho avuto che l’avidità del desiderio, prima, ed una mortale malinconia, dopo… Addio, mia buona Amica!»

(…) Amalia mia, non farò nulla perché “vi riattacchiate a ciò che prima vi appassionava tanto”. E’ giunta l’ora dell’amicizia. Ed è bene che sia giunta. (…) Di voi ho perduto la parte meno cara al mio spirito: la creatura amante, ma mi resta l’altra, la sola alla quale io tenga veramente: l’amica buona, la compagna necessaria. (…) Siatemi, dunque, benevola sempre…
Perdonatemi – scrivetemi – ricordatemi.

Finisce così, dopo poco più di un anno, la fuga di Guido Gozzano dall’amore di Amalia. Lui preferisce le donne dal fascino casalingo o dei ricordi del passato, è il loro cantore crepuscolare: la signorina Felicita, Carlotta, Cocotte.
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state…
(Cocotte, I colloqui, 1911)

Continueranno a scriversi più di 120 lettere, come vecchi, buoni amici, fino al 1916, anno della morte di lui a soli trentadue anni.
La fine della relazione con Gozzano prosciugherà anche l’ispirazione poetica di Amalia che scriverà solo altre due raccolte, “ Le seduzioni” del 1909 e “L’insonne” del 1913.
Ricordiamola con alcuni versi tratti da Le vergini folli:

“Essa è colei che troppo sola muore,
è la notturna anima pellegrina
che persegue il suo sogno ed il suo amore”.

(Anima errante, in Le vergini folli, 1907)

Amalia Guglielminetti muore il 4 dicembre 1941 a causa di una ferita provocata nel tentativo di raggiungere un rifugio antiaereo. Poco prima scrive le sue ultime volontà per la sepoltura: una tomba a piramide con l’iscrizione “Essa è pur sempre quella che va sola”, desiderio purtroppo mai esaudito. È sepolta nel Cimitero monumentale di Torino.
Nonostante Gabriele D’Annunzio la definisca “L’unica vera poetessa che abbia oggi l’Italia” è stata sempre esclusa dalle antologie scolastiche.

  • Lettere d’amore di ogni tempo e paese, a cura di G. D. Bonino, Milano, Arnoldo –
    Mondadori Editore, 1977
  • Lettere d’amore di Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti, prefazione e note di Spartaco Asciamprener, Milano, Garzanti, 1951
  • Le vergini folli – Le seduzioni (con un autoritratto e intervista), Chioggia-Venezia,
    Damocle, 2012
  • Lady Medusa. Vita, poesia e amori di Amalia Guglielminetti, a cura di Silvio Raffo, Milano, Bietti, 2012
  • Guido Gozzano, Poesie, Milano, BUR, 1977