I dimenticati

I DIMENTICATI
ROCCO SCOTELLARO (Tricarico 1923 – Portici 1953)
Il poeta degli ultimi

Rocco Scotellaro nasce a Tricarico in provincia di Matera nel 1923. Figlio di un artigiano e di una casalinga, frequenta la facoltà di giurisprudenza a Roma senza laurearsi e, tornato al suo paese d’origine, si iscrive al Comitato di Liberazione Nazionale e poi al Partito Socialista Italiano. Nel 1946, a soli 23 anni, diventa sindaco di Tricarico. Nello stesso anno incontra Carlo Levi che diventerà il suo Maestro.
Nel 1950, accusato ingiustamente di concussione dai suoi avversari politici, viene incarcerato, e poi, scoperta la cospirazione politica, assolto con formula piena. Dopo questa esperienza abbandona l’attività politica dedicandosi a quella letteraria, continuando comunque a lottare per i diritti del popolo meridionale.
Ad aprile di quell’anno, al convegno di Venezia su «La resistenza e la cultura italiana», conosce la poetessa Amelia Rosselli, figlia di Carlo, il fondatore del movimento antifascista «Giustizia e libertà» ucciso nel 1937 in Francia da sicari fascisti. Tra loro nascerà un legame profondo, un legame di anime simili nella sensibilità e negli ideali.
Sempre nel 1950 inizierà uno studio sociologico sulla condizione dei contadini del meridione che rimarrà purtroppo incompiuto a causa della sua morte tre anni dopo.
L’impegno intellettuale e sociale di Scotellaro lo ritroviamo nei suoi versi aspri e duri che, come canti popolari sulla vita dei contadini del Sud, sulla loro fatica nei campi, danno voce a un’intera classe sociale per secoli sfruttata, il sottoproletariato rurale della Lucania e di tutto il Meridione.
La poesia di Scotellaro viene così riconosciuta come l’espressione di maggior valore del neo-realismo poetico italiano.
Tutti i suoi libri avranno pubblicazione postuma. L’antologia È fatto giorno (il titolo scelto da Carlo Levi è quello di una poesia che si trova all’interno), uscita nel ’54 e commentata da Franco Fortini come «la celebrazione di alcuni dei momenti più alti della vita collettiva di una classe che prende coscienza di sé e l’angoscia dell’inevitabile perdita dell’idillio», otterrà il Premio Viareggio. Altre poesie verranno pubblicate nella raccolta “Margherite e rosolacci” del 1978 e nell’antologia Tutte le poesie (1940-1953) del 2004 che comprende l’intera produzione poetica di Scotellaro con introduzione del poeta contemporaneo Maurizio Cucchi.

È fatto giorno
È fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi
con i panni e le scarpe e le facce che avevamo.
Le lepri si sono ritirate e i galli cantano,
ritorna la faccia di mia madre al focolare.
E’ calda così la malva
E’ rimasto l’odore
della tua carne nel mio letto.
E’ calda così la malva
che ci teniamo ad essiccare
per i dolori dell’inverno.
La luna piena
La luna piena riempie i nostri letti,
camminano i muli a dolci ferri
e i cani rosicchiano gli ossi.
Si sente l’asina nel sottoscala,
i suoi brividi, il suo raschiare.
In un altro sottoscala
dorme mia madre da sessant’anni.
(Da E’ fatto giorno)
Ho capito fin troppo
Ho capito fin troppo gli anni e i giorni e le ore
gl’intrecci degli uomini, chi ride e chi urla
giura che Cristo poteva morire a vent’anni
le gru sono passate, le rondini ritorneranno.
Sole d’oro, luna piena, le nevi dell’inverno
le mattine degli uccelli a primavera
le maledizioni e le preghiere.
(Da Margherite e rosolacci)

Alla sua morte Amelia Rosselli dirà: “Per me Rocco è stato un fratello, più di un amico. Io ero un’isolata, mentre lui era molto socievole e conosceva bene la società. (…) È stato fondamentale per la mia vocazione letteraria. La sua presenza per me era protettiva e stimolante. A lui devo la sublimazione del dolore”. Gli dedicherà Cantilena, Poesie per Rocco Scotellaro. Qui ve ne segnalo alcune.

CANTILENA
(Poesie per Rocco Scotellaro)
(1953)
di Amelia Rosselli
Dopo che la luna fu immediatamente calata
ti presi tra le braccia, morto
*
Mi sforzo sull’orlo della strada
a pensarti senza vita
Non è possibile, chi l’ha inventata questa bugia
*
Come un lago nella memoria
i nostri incontri
come un’ombra appena
il tuo volto affilato
un’arpa la tua voce
e le mani suonano
tamburelli