ti dico NO

Stavolta i giornali hanno chiamato l’assassino “il gigante buono”, si sono sperticati in ipotesi di raptus per troppo amore, facendo pendere la bilancia nettamente dalla parte di lui, come se fosse lui la vittima. Vittima di una passione malsana per una ragazza  che gli era amica ma non aveva nessunissima voglia di condividere nient’altro che l’amicizia.

 

Non c’è bisogno di andare oltre, perché il paradosso è evidente a tutti. Nessuno vuole sbattere il mostro in prima pagina, l’operaio sarà stato pure una brava persona un tempo (possiamo definire che cosa siginfica esattamente “brava persona” per favore?)  ma non ha sentito le ragioni della ragazza che gli voleva bene come amico. E’  possibile l’amicizia tra un maschio ancora carico di testosterone e una ragazza? In un consesso civile direi di sì. Ma, soprattutto, è possibile rifiutare le avances di un amico che ci prova da tempo? Sì, magari si deve essere chiari, forse a un certo punto si deve decidere di degradare l’amico a ex amico, mettendo da parte il dispiacere di ferire una persona cui si vuol bene e la mancanza che ne deriverà. Ma pare sia esattamente quello che è successo tra la povera Elisa e il suo amico. Solo che il gigante buono era duro d’orecchi, o era sinceramente convinto che l’avrebbe fatta felice.

E io ci credo che possa aver avuto un pensiero del genere, ma quando la felicità si costruisce tutta dentro la propria testa senza un pizzico di confronto con la realtà oggettiva, allora c’è un problema serio e il pericolo incombe sul più debole, che è, sempre, la donna. Uccisa e poi nascosta, lui si è anche creato un alibi, si è fatto cercare per giorni. Gigante buono? No, non direi: pazzo scriteriato piuttosto, (chiederanno per lui l’infermità mentale infatti) ma soprattutto frutto di un condizionamento atavico per il quale le donne sono proprietà (proprietà d’amore, certo!) degli uomini.

E qui si apre un mondo. Sarebbe interessante e forse utile ripercorrere la storia sociale delle donne italiane dal 1946 -la  prima volta che vanno al voto e quindi la prima volta in cui viene loro riconosciuta una funzione politica, vengono promosse da suddite a cittadine quasi al pari con gli uomini (e dico quasi perché il diritto di famiglia viene rinnovato solo nel 1975* e il delitto d’onore** è abrogato nel 1981). Ci sono state nel tempo tante leggi e leggine magari non scritte che relegavano la donna a essere umano di seconda classe. Scardinare questo meccanismo atavico è assai difficile. Non storcete il naso dicendo che voi l’avete superato da secoli, da qualche parte – che siate uomini o donne – c’è qualcosa di tutto questo che vi riguarda.

E ora proviamo a cambiare di segno e a guardare la relazione uomini donne con più levità: a tutte le donne, credo, è capitato di avere uno spasimante eccessivo che non capiva i rifiuti anche chiari. Personalmente dopo anni di sperimentazioni sulla pronuncia della sillaba “no”, quando avevo già superato un’età di tutto rispetto ho incontrato uno che mi ha chiarito le idee. Al mio ennesimo e stizzito rifiuto opposto a qualunque tipo d’approccio e alla mia sincera e accorata richiesta: “Perché insisti? Ti ho detto no cento volte!” mi ha candidamente risposto: “Ma dai, lo sanno tutti che le donne dicono no per dire sì. Tu non sarai diversa dalle altre”. E a quel punto, cancellato per sempre dalle mie conoscenze il questuante, ho riflettuto meglio sulle sue parole banali e anche offensive, ma di sicuro frutto di esperienza vissuta. E ho riflettuto sul comportamento umano. Quello degli uomini, ma anche quello delle donne. Comportamenti sociali, insomma, con i condizionamenti di cui sono carichi, e i fraintendimenti che possono provocare, fino a creare problemi anche gravi. Forse se ci riflettiamo tutti e ne facciamo oggetto di conversazione possiamo evitare altre tragedie.

*Il diritto di famiglia codificato nel 1942 concepiva una famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al marito, sia nei rapporti personali sia in quelli patrimoniali, sia nelle relazioni di coppia sia nei riguardi dei figli; e fondata sulla discriminazione dei figli nati fuori del matrimonio  (figlio naturale), che ricevevano un trattamento giuridico deteriore rispetto ai figli legittimi. Il primo libro del codice venne riformato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151 (“Riforma del diritto di famiglia”) secondo la quale c’è parità giuridica dei coniugi, viene abrogato l’istituto della dote, e riconosciuta ai figli naturali la stessa tutela prevista per i figli legittimi, viene istituita la comunione dei beni come regime patrimoniale legale della famiglia (in mancanza di diversa convenzione), la patria potestà viene sostituita dalla potestà di entrambi i genitori (prima “potestà genitoriale”, ora “responsabilità genitoriale”), in particolare nella tutela dei figli. Il coniuge superstite nella successione ereditaria diventa erede, mentre prima, legalmente, non ereditava nulla.
**Codice Penale, art. 587
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.