Era giusto un’Idea

La poetessa Idea Vilarino nasce a Montevideo nel 1920 in una famiglia di ceto medio, colta e progressista, amante della musica e della poesia. Il padre Leandro, oltre a essere un intellettuale di idee anarchiche, è un poeta. I suoi fratelli, Poema, Azul, Alma e Numen, sono dei musicisti. Anche Idea studia musica, suona il violino, ma smetterà presto per dedicarsi alla poesia.

La sua infanzia è segnata da lunghe malattie, alcune la costringeranno a letto per molti mesi.

Farà parte della “Generazione del ‘45”, come Mario Benedetti e come Juan Carlos Onetti. Negli anni ’50 inizia la sua militanza politica, che progressivamente l’avvicinerà ai gruppi più radicali della sinistra. Nello stesso periodo comincia una relazione epistolare con Juan Carlos Onetti, che diventerà una storia d’amore travagliata della quale abbiamo testimonianza nei Poemas de amor pubblicati nel 1957. “Andavano senza cercarsi, ma sapendo che andavano per trovarsi”, dirà Cortàzar.

Il loro primo incontro avviene in un bar di Montevideo. “S’era messo a sedurmi con tutto se stesso, con il meglio di sé, al punto che mi ero convinta che fosse la settima meraviglia. Quella stessa notte mi innamorai di lui. M’innamorai, m’innamorai, m’innamorai”.

 

E’ un  amore difficile, segnato da rotture e riconciliazioni, reso conflittuale dalla lontananza, dai loro caratteri orgogliosi ed eccentrici. Pur amandosi non riusciranno mai a stare insieme. Lui si sposerà quattro volte, lei una.

Idea confessa di avere condiviso con Onetti non più di nove notti d’amore e un’intera vita di passione e di solitudine. “Mi sono innamorata dell’ultima persona di cui avrei dovuto… eravamo fatti di una materia impossibile di legare. Non ha mai capito l’abc della mia vita, non mi ha mai capito come essere umano, come persona…. Ancora mi chiedo perchè ho sopportato tanto, perché sono tornata sempre. (…) Una notte mi chiamò, disperato, chiedendomi che andassi da lui. Io ero con qualcuno che mi amava e lo lasciai per andare a passare una notte con lui. E ricordo che l’unica cosa che abbiamo fatto è stata quella di metterci schiena contro schiena, a leggere un libro, lui il suo, io un altro. Il mattino dopo lo presi dalla testa e gli dissi: sei un asino, Onetti, sei un cane, una bestia. E me ne sono andata”.

Alla “bestia” la Vilarino dedicherà tutte le sue poesie d’amore (L’Amore, Rayuela Edizioni, 2016).

Nel 1974, Onetti viene imprigionato dalla dittatura militare, quando esce c’è lei ad aspettarlo. “Siamo rimasti da soli, in silenzio. Zitti. – Moriremo senza imparare a parlarci, domandai. – È stato sempre difficile per me, disse. Ti ricordi quella volta in cui sei arrivata, dopo tanto tempo, e siamo stati venti, trenta minuti senza parlare, seduti, io nel letto e tu sulla sedia? Mi hai sempre creato soggezione, disse lui. – Anche tu, risposi. Una volta mi hai detto che non potevi né mangiare né fare l’amore con me.

 

Sai

 

Sai
hai detto
mai
sono stato felice come questa notte.
Mai. E me lo hai detto
nello stesso momento
in cui ho deciso di non dirti
sai
forse mi sbaglio
ma credo
ma questa mi pare
la notte più bella della mia vita.

 

Ti sto chiamando

 

Amore
dall’ombra
dal dolore
amore
ti sto chiamando
dal pozzo asfissiante del ricordo
senza che nulla giovi
né ti attenda.
Ti sto chiamando
amore
come il destino
come il sonno
come la pace
ti sto chiamando
con la voce
con il corpo
con la vita
con tutto ciò che ho
e che non ho
con disperazione
con sete
con pianto
come se tu fossi aria
e io affogassi
come se tu fossi luce
e io morissi.
Da una cieca notte
da oblio
da ore chiuse
in solitudine
senza lacrime né amore
ti sto chiamando
come la morte
amore
come la morte.

 

 

 

 

Non più

 

Non sarà più
non più
non vivremo insieme
non crescerò tuo figlio
non cucirò i tuoi panni
non ti avrò la notte
non ti saluterò col bacio.
Mai saprai chi sono stata
perché altri mi amarono.
Non riuscirò a sapere
perché né come mai
né se era vero
quel che hai detto che era
né chi sei stato
né cosa sono stata per te
né come sarebbe stato
vivere insieme
amarci
aspettarci
stare.
Ormai non sono altro che io
per sempre e tu ormai
non sarai per me
altro che te. Non sei più
in un giorno futuro
non saprò dove abiti
né con chi
né se ricordi.
Non mi abbraccerai più
come quella notte
mai.
Non ti toccherò più.
Non ti vedrò morire.

(da Poemas de amor / Poesie d’amore, 1957-1965)

“Perché sostiene Idea che non saprai mai chi è stata?”, chiede una giornalista a Onetti. “Non lo so. Io non mai sentito che lei mi amasse”. “E le poesie che ti ha scritto?”.  “Io non dico che non sia mai stata innamorata. Dico che non l’ho mai sentito.”

Al poeta Mario Benedetti, amico del cuore, Idea dice un giorno: “Scrivere poesie è l’atto più privato della mia vita, sempre eseguito al culmine della solitudine e dell’autoassorbimento, eseguito per chiunque, per niente.”

Onetti muore nel 1994 a Madrid, città dove si trasferisce nel ’75 dopo l’uscita dal carcere, la Vilarino a Mont