Biennale di Venezia, Leoni d’Oro speciali a Calvesi, Celant, Enwezor e Gregotti

La Biennale di Venezia ha deciso quest’oggi di conferire quattro Leoni d’Oro Speciali postumi a quattro grandi personalità che ci hanno lasciato di recente: Maurizio CalvesiGermano CelantOkwui Enwezor e Vittorio Gregotti. I Leoni d’Oro Speciali 2020 saranno attribuiti in occasione della mostra Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia, che aprirà al Padiglione Centrale dei Giardini il 29 agosto fino all’8 dicembre. I Leoni d’Oro Speciali saranno consegnati martedì 1° settembre ai Giardini della Biennale, tre giorni dopo l’inaugurazione della mostra.

“La riconoscibilità internazionale della Biennale”, ha dichiarato Roberto Cicutto, presidente della Biennale di Venezia, “si deve anche al lavoro e all’originalità dei suoi direttori artistici, che hanno segnato alcuni tra i cambiamenti più significativi della cultura contemporanea. La Biennale è stata il laboratorio dove Calvesi, Celant, Enwezor e Gregotti hanno espresso un pensiero critico originale e visionario che ha saputo guardare al futuro, spesso anticipandolo. Le muse inquiete li vede protagonisti di una mostra sulla storia dell’Istituzione, che segna la partenza di un dialogo permanente fra le arti contemporanee nello spirito di una ricerca comune”.

Maurizio Calvesi (Roma, 1927 – 2020), scomparso solo pochi giorni fa, è stato uno degli storici dell’arte più importanti degli ultimi anni, ed è stato anche critico d’arte. Tra il 1980 e il 1982 ha fatto parte del consiglio direttivo della Biennale di Venezia e nel 1984 e nel 1986 è stato direttore del settore arti visive e curatore della 41. e della 42. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale. Allievo di Lionello Venturi e poi di Giulio Carlo Argan e Francesco Arcangeli, ha avuto svariati interessi, spaziando dal Rinascimento a Caravaggio, da Piranesi fino al Novecento, per arrivare agli artisti della Roma degli anni Sessanta (come Pino Pascali, Jannis Kounellis, Mario Schifano, Mario Ceroli). Ha poi diretto Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma ed è stato presidente del Comitato per i Beni Artistici e Storici del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali, accademico dei lincei dal 1983, presidente della Fondazione Burri, direttore della rivista quadrimestrale Storia dell’Arte fondata da Argan e fondatore, nel 1984, della rivista mensile Art e Dossier, di cui è stato direttore scientifico fino al 1995.

Germano Celant (Genova, 1940 – Milano, 2020) è noto come il “padre dell’Arte Povera”: critico d’arte, nel 1997 è stato nominato direttore della 47. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Dal 1995 al 2014 è stato Direttore e dal 2015 Soprintendente Artistico e Scientifico della Fondazione Prada a Milano, dove ha curato, tra le altre, la discussa mostra Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943 nel 2018. Dal 2009 al 2011 è stato Responsabile scientifico per Arte e Architettura alla Triennale di Milano, mentre dal 2005 è stato curatore della Fondazione Aldo Rossi a Milano e dal 2008 della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova a Venezia. Dal 1989 fino al 2008 è stato Senior Curator of Contemporary Art del Solomon R. Guggenheim Museum di New York. L’ultima sua mostra è stata la antologica su Richard Artschwager al Mart di Rovereto pochi mesi fa.

Okwui Enwezor (Calabar, Nigeria, 1963 – Monaco di Baviera, 2019) è stato curatore e critico d’arte, giornalista e scrittore, oltre che poeta e storico. Direttore artistico del settore arti visive della Biennale di Venezia nel 2015, ha curato la 56. Esposizione Internazionale d’Arte, All the World’s Futures. Dal 2011 al 2018 è stato Direttore della Haus der Kunst di Monaco di Baviera, ma ha curato numerose altre mostre di grandissima importanza come la seconda Johannesburg Biennale in Sudafrica (1997), l’undicesima Documenta a Kassel in Germania (1998–2002), la seconda Bienal Internacional de Arte Contemporáneo de Sevilla in Spagna (2006), la settimana Gwangju Biennale in Sud Corea (2008) e la Triennale Internationale d’Art Contemporaine de Paris in Francia (2012). Grande esperto di arte africana (ma con interessi anche nelle altri degli altri continenti), ha portato avanti ricerche che hanno incluso il video e la fotografia, la teoria dell’archivio, del documentario fotografico e del fotogiornalismo, la storia dei musei. Inoltre è noto per i suoi studi sulle teorie sulla diaspora e sulle migrazioni, del modernismo post-coloniale, e quindi dell’architettura e dell’urbanistica delle città africane postcoloniali. Nel 1994, a soli trentun anni, ha fondato la rivista di fotografia Nka: Journal of Contemporary African Art (co-edita da Duke University Press). Come scrittore e critico ha contribuito a cataloghi di mostre, antologie e riviste, oltre ad aver pubblicato articoli e interviste per i maggiori quotidiani e periodici del mondo. È stato autore di numerosi libri tra cui Archive Fever: Uses of the Document in Contemporary Art (2008), Contemporary African Art Since 1980 (2009, con Chika Okeke-Agulu), Antinomies of Art and Culture: Modernity, Postmodernity, Contemporaneity (2008, con Terry Smith and Nancy Condee). Tra le sue numerosissime mostre, di cui rimandiamo alla biografia allegata, ricordiamo qui l’ultima inaugurata l’8 marzo 2019 all’Haus der Kunst di Monaco di Baviera: El Anatsui: Triumphant Scale, monografica sull’artista ghanese co-curata assieme a Chika Okeke-Agulu, andata poi al Mathaf – Arab Museum of Modern Art di Doha e al Kunstmuseum di Berna.

Vittorio Gregotti (Novara, 1927 – Milano 2020) è stato architetto, urbanista e teorico dell’architettura. Dal 1953 al 1968 ha fatto parte del gruppo Architetti Associati, fondato assieme a Lodovico Meneghetti e Giotto Stoppino, per poi creare, nel 1974, lo studio Gregotti Associati International. Tra i suoi numerosi progetti figurano il quartiere Zen di Palermo realizzato tra gli anni Sessanta e Settanto, la sede dell’Università della Calabria, il dipartimento di scienze dell’Università di Palermo, il Centro Culturale Belém a Lisbona, gli stadi di Barcellona e Genova, le trasformazione dell’area della Bicocca a Milano (compreso il Teatro degli Arcimboldi) e il nuovo quartiere residenziale di Pujiang, in Cina. Nell’ambito del settore arti visive della Biennale di Venezia, di cui è stato direttore artistico dal 1975 al 1977, ha di fatto introdotto l’architettura come disciplina organizzando diverse mostre. Formatosi al Politecnico di Milano, Gregotti ha affiancato alla pratica professionale un’intensa carriera nell’insegnamento, nell’editoria e nel giornalismo di settore. È stato autore di numerosi e fondamentali libri sull’architettura, come Il territorio dell’architettura (1966), Questioni di architettura (1986), La città visibile (1993), Identità e crisi dell’architettura europea (1999), Contro la fine dell’architettura (2008), Architettura e postmetropoli (2011), Il mestiere di architetto (2019).