FORME CONSENSUALI PEREQUATIVE E COMPENSATIVE NEL GOVERNO DEL TERRITORIO

Le forme consensuali perequative e compensative costituiscono strumenti – ai sensi dell’art. 1 bis della legge n. 241 del 1990- alternativi all’espropriazione, volte ad ottimizzare le grandi aree a vantaggio della collettività in termini di servizi pubblici, opere di bonifica e di rigenerazione urbana.
Come tali, rispondono a due esigenze pratiche ben precise. Da un lato, consentono di evitare le sperequazioni create dalla cd rendita urbanistica: si tratta del fenomeno per cui con il sistema della zonizzazione i terreni ai quali viene attribuita destinazione edificatoria registrano un rapido e considerevole aumento di valore, che va tutto a vantaggio dei relativi proprietari, con sacrificio invece dei proprietari delle aree destinate a standard o comunque non all’edificazione, il cui valore rimane invariato ovvero si azzera. Dall’altro, consentono al Comune pianificatore di realizzare la cd città pubblica, ovvero tutte le opere di urbanizzazione necessarie ad una città vivibile, senza dovere affrontare gli esborsi in denaro richiesti dagli espropri, dato che, semplificando, il corrispettivo ai privati proprietari delle aree necessarie viene pagato in diritti edificatori, ovvero con una moneta che il Comune stesso crea.
Il primo degli strumenti creati a questo fine è la compensazione, nella quale il pianificatore impone comunque autoritativamente il vincolo espropriativo su aree private che sono destinate alla costruzione della città pubblica, e quindi in teoria entro 5 anni deve procedere all’espropriazione e affrontare i costi relativi, ma è ragionevolmente certo di poterlo evitare prevedendo la cessione compensativa: il privato che cede bonariamente l’area al Comune ottiene come corrispettivo della cessione dei crediti compensativi, che si sostanziano o in un diritto edificatorio o in aree in permuta. La convenienza sta nel dato per cui attraverso tale cessione i privati soggetti al vincolo possono ottenere un vantaggio superiore rispetto all’indennizzo conseguente all’espropriazione,
La perequazione invece è principalmente volta a risolvere il problema della rendita urbanistica, ovvero a creare per quanto possibile un’indifferenza tra i proprietari rispetto alle scelte di pianificazione condotte dall’amministrazione, per determinate parti del territorio(zonizzazione) e conferisce maggiore spazio ai Comuni nella creazione di aree pubbliche senza gli sforzi, gli oneri ed i costi previsti dal procedimento espropriativo.
Esistono due modelli perequativi, il primo è detto di perequazione ristretta, in cui vengono identificate aree di proprietà privata che formano un comparto e ad ogni area viene attribuita una identica capacità volumetrica proporzionale all’estensione dell’area ma in ogni caso inferiore al limite fondiario di edificabilità; contestualmente si identificano le aree destinate ai servizi ed opere di pubblica utilità. Il proprietario di tali aree potrà decidere di cederle al Comune, ottenendo come corrispettivo dei diritti edificatori. Il secondo modello è detto di perequazione estesa, che si verifica quando ad un fondo viene assegnata una dotazione volumetrica sotto forma di diritto edificatorio cedibile a terzi; in tal caso non vi è nessuna predeterminazione della destinazione dei diritti edificatori.
La perequazione comprende una fase statica con cui l’amministrazione attribuisce ai suoli un indice di edificabilità in virtù del potere di pianificazione, ed una fase dinamica, con cui l’Amministrazione ipotizza incrementi futuri della cubatura edificabile.
Secondo questa impostazione la perequazione si colloca a valle della pianificazione generale e riguarda ambiti del territorio ordinati per comparti individuati o identificati nel Prg, in tale prospettiva non sussisterebbe alcuna alternatività tra il Prg e l’istituto della perequazione, bensì una forma di attuazione del principio di zonizzazione.
La distinzione tra la perequazione e la compensazione consiste nella circostanza che nel primo caso i diritti edificatori sono assegnati dopo la formazione del piano e diventano commerciabili dopo che il piano è approvato, sono possibili di revisione e non prevedono un vincolo espropriativo; nel secondo caso i diritti edificatori non subiscono variazioni e si sostanziano con la cessione del fondo al Comune a seguito di emanazione del vincolo di esproprio, in tal caso trascorsi 5 anni il Comune o concede diritti edificatori o aree in permuta in sostituzione dell’indennizzo.
Entrambi gli strumenti generano diritti edificatori autonomi che possono circolare attraverso negozi giuridici senza alcun collegamento con l’area di provenienza o destinazione.
Per completare il quadro, è necessario un terzo strumento capace di creare diritti edificatori, ovvero la cessione di cubatura, che è un contratto tra privati con il quale il proprietario di un fondo attribuisce ad altri il diritto di utilizzare la propria volumetria, ossia la misura di edificabilità rapportata allo spazio del proprio fondo, tale negozio trova la propria ragion d’essere nell’autonomia delle parti e nel fine comunque risulta meritevole di tutela. In questo modo, i diritti edificatori creati dal Comune ed attribuiti al privato possono circolare, ed acquistano quindi il valore economico di una moneta di scambio, che non avrebbero se il destinatario, di regola impossibilitato ad utilizzarli sulle aree di sua proprietà, non li potesse monetizzare.
La cessione di cubatura, pur non risultando disciplinata in modo espresso dal nostro ordinamento giuridico è ammissibile secondo la giurisprudenza se avviene nel rispetto di alcuni parametri, ossia quando il proprietario di un’area edificabile trasferisce, mantenendo la proprietà del suolo, al proprietario di un’altra area avente conformazione urbanistica omogenea e compresa nella medesima zona del P.R.G., tutta o parte della cubatura utilizzabile per edificare sul proprio fondo, affinché il cessionario possa realizzare una volumetria maggiore sul suo fondo.
Si pone però il problema di conciliare gli istituti descritti, la compensazione e la perequazione, non direttamente disciplinate dalla legge in quanto tali, con il principio di legalità, per cui i poteri dell’amministrazione sono tipici e nominati
Questo il percorso seguito dalla giurisprudenza.
Il potere di imporre vincoli e condizioni al potere di godimento di categorie di immobili in conseguenza della loro specifica destinazione, rientra nel più generale potere di pianificazione nonché di governo del territorio da parte del Comune, e può essere oggetto di iniziativa pubblico-privata o anche soltanto privata, essendo previsto che le amministrazioni possano utilizzare tali strumenti di collaborazione per ovviare a finalità di pubblico interesse.
Tale potere è stato senz’altro definito dalla stessa Corte Costituzionale come espressione della potestà amministrativa di governo del territorio ai sensi dell’art. 117 Cost..
I limiti e le varianti imposte al suolo sono strumenti attraverso i quali la proprietà è asservita al perseguimento di fini generali quali per esempio la realizzazione di un’opera pubblica o la realizzazione di infrastrutture.
Sia l’art. 832 e 835 del Codice civile che l’art. 42 della Costituzione pongono in rilievo i limiti che possono essere imposti dall’ordinamento giuridico al diritto di proprietà al fine di assicurarne il fine sociale, nonché la requisizione e l’imposizione di vincoli per necessità pubbliche.
Le stesse leggi di tutela ambientale, i vincoli delle distanze legali per le c.d. zone di rispetto, le servitù a favore della p.a., i vincoli paesaggistici, idrogeologici, storico-artistico nonché tutte le forme di iniziativa privata volte a far nascere consorzi di bonifica integrale (art.857 c.c.) o per le acque (821 c.c.) o per la ricomposizione fondiaria, costituiscono forme collaborative per l’asservimento della proprietà allo scopo pubblico e sociale.
Si richiama inoltre la previsione generale contenuta nell’art. 117 ultimo comma della Costituzione, in cui è previsto che i Comuni godano nelle materia di rispettiva competenza del potere regolamentare e pertanto del potere di introdurre varianti e modifiche alla disciplina di dettaglio degli strumenti urbanistici senza che questo alteri in alcun modo il rispetto del principio di legalità, e purchè lo stesso venga modulato semplicemente nei parametri previsti dalla legge regionale di riferimento.
La materia del governo del territorio dopo la riforma del Titolo V della Costituzione operata nel 2001 è infatti soggetta a legislazione concorrente; ai sensi dell’art. 117 comma 3 della Costituzione allo Stato spetta il potere di fissare i principi fondamentali, alle Regioni quello di emanare la normativa di dettaglio .
Entro questa cornice, il Comune esercita il suo potere di governo del territorio attraverso il PRG ed il regolamento edilizio o NTA che ne cura gli aspetti esecutivi.
In particolare, attraverso le norme tecniche attuative (NTA) del Prg il Comune può prevedere un programma integrato che coordina gli interventi pubbici e privati attraverso la creazione di infrastrutture o opere di urbanizzazione; lo scopo di tali NTA equello di consentire la realizzazione di opere pubbliche, ragion per cui la proprieta privata puosubire delle limitazioni al godimento in virtu della prevalenza dell’interesse pubblico e per ragioni di utilitasociale, in virtu della potestaconformativa di governo del territorio .
Posto un potere di pianificazione del territorio così conformato, la possibilità di sostituirlo con strumenti essenzialmente consensuali, come la perequazione e soprattutto la compensazione trova un fondamento legislativo proprio nell’art. 11 della legge n. 241 del 90 che prevede la fungibilità degli strumenti autoritativi con gli strumenti consensuali, ove rispondenti agli obiettivi di pubblico interesse.
Così superato il problema della riserva di legge, alle amministrazioni è consentito ricorrere ad accordi in sostituzione dei provvedimenti autoritativi, anche se lo strumento convenzionale necessiterà pur sempre di una previa determinazione amministrativa che anticipi e legittimi il ricorso allo strumento dell’accordo.
In questo senso, la sentenza della Sezione IV del Consiglio di Stato del 13 luglio 2010 n. 4545, secondo la quale appunto la perequazione viene definita quale potestà concessa all’amministrazione di ricorrere all’utilizzo del potere pianificatorio attraverso i modelli privatistici e consensuali, purchè per il perseguimento dell’interesse pubblico ex artt. 1 comma 1 bis ed 11 della legge n. 241/90.
Coerentemente con quanto si è detto, il Consiglio di Stato esclude che ciò comporti violazione del principio di legalità degli strumenti urbanistici in quanto gli strumenti in esame da un lato sono comunque già previsti da alcune leggi regionali e dall’altro sono riconducibili a modelli convenzionali già conosciuti nell’ordinamento generale, come le convenzioni di lottizzazione o gli accordi sostitutivi dell’espropriazione previsti dall’art. 45 del Dpr n. 327/2001.
Un’altra censura a tali strumenti di pianificazione del territorio riguarderebbe la presunta ablazione della proprietà privata, anche quest’ultima superata dalla giurisprudenza sopra richiamata, secondo la quale rientra nel potere pianificatorio dell’amministrazione prevedere possibili evoluzioni e sviluppi del PRG nonché varianti al fine di asservimento dell’interesse generale, in una logica dinamica e flessibile degli assetti territoriali in funzione del pubblico interesse.
Infine un ulteriore problema applicativo e civilistico che sorgerebbe nell’applicazione di tali tecniche urbanistiche riguarda la natura giuridica dei diritti edificatori nascenti e della loro conseguente circolazione, ai fini della corretta applicazione dell’imposta di registro.
Per una parte della dottrina e della giurisprudenza il diritto edificatorio è un diritto reale immobiliare, per un altro filone trattasi di negozio ad effetti obbligatori privo di natura reale
Negli accordi di tipo compensativo al Comune viene ceduto il terreno e il soggetto acquista un credito volumetrico che potrà circolare autonomamente indipendentemente dal fondo ceduto; in tali casi il diritto edificatorio non costituisce qualità intrinseca dell’area essendo quest’ultimo attribuito dall'amministrazione quale corrispettivo per la cessione di un'area o a seguito di un intervento di riqualificazione.
I diritti edificatori invece che nascono dalla perequazione vengono assegnati dopo la formazione del Prg, di fatto il proprietario di un fondo non puo
edificare sulla sua proprietaperche non raggiunge l’indice di edificabilitae per tale ragione acquista il quantum volumetrico necessario da un fondo situato nella stessa aerea o contiguo su cui il proprietario non puoedificare, in tal caso la qualità edificatoria è propria del terreno
Infine i diritti edificatori incentivanti che fungono da corrispettivo in aggiunta a quelli attribuiti dal Prg per interventi di riqualificazione urbanistico/ambientale.
In realtà tali diritti per la circolazione seguono le regole del cd. “decollo-volo e atterraggio”, ossia i diritti si staccano dalla proprietà originaria (decollo) circolano(volo) e atterrano su un fondo diverso da quello di provenienza (atterraggio).
Secondo una recente ordinanza della Cassazione a sezioni Unite del 20.10.2020 n. 23902 i diritti edificatori vengono equiparati ai diritti di credito ed hanno ad effetti obbligatori, lo confermerebbe il relativo obbligo di trascrizione ex art.2643 n.2 bis, che ne escluderebbe ogni natura di diritto reale, da cio’ consegue che all’atto traslativo posto in essere da un cedente che non sia soggetto iva, si applica l’aliquota propria degli atti con i quali si pattuisce la cessione del credito o dei beni diversi dagli immobili.
In conclusione, gli strumenti urbanistici in esame vanno inquadrati in un’ottica di collaborazione tra lo Stato ed i cittadini e rappresentano i presupposti essenziali di uno Stato sociale; rispondono infatti al modello dello Stato-Comunità, in cui il rapporto tra lo Stato ed i cittadini risulta vantaggioso soprattutto per la collettività, inoltre costituiscono strumenti innovativi e collaborativi sempre più rispondenti a modelli flessibili di governo
del territorio al fine di una continua e possibile rigenerazione urbana, in una ottica di dinamismo essenziale per la crescita del nostro Paese