Mattarella: ‘Come nel ’46 adesso costruire il futuro’

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, SERGIO MATTARELLA, IN
OCCASIONE DELLA FESTA DELLA REPUBBLICA.
Quirinale, 2 giugno 2021
Sono passati settantacinque anni da quando, con il voto nel referendum del 2
giugno 1946, gli italiani, scegliendo la Repubblica, cominciarono a costruire una
nuova storia.
Anche oggi siamo a un tornante del nostro cammino dopo le due grandi crisi
globali, quella economico finanziaria e quella provocata dalla pandemia.
Come lo fu allora, questo è tempo di costruire il futuro.
Con la scelta repubblicana, si apriva una storia di libertà, dopo il ventennio
della dittatura fascista. Storia di democrazia. Storia di pace, dopo la tragedia, i lutti e
le devastazioni della guerra e dell’occupazione nazista.
La nuova stagione era stata preparata negli anni più bui, dalle donne e dagli
uomini che avevano avuto il coraggio di resistere e di lottare. E che avevano iniziato,
nello stesso tempo, a pensare come dar forma all’Italia libera. Da dove ricominciare,
per rimettere in piedi un Paese dilaniato, ferito, isolato agli occhi della comunità
internazionale.
Non fu un inizio facile, settantacinque anni fa. L’Italia era divisa: la Repubblica
aveva prevalso per due milioni di voti, ma il risultato non era stato omogeneo e, in
un Paese in ginocchio, c’era il rischio di una spaccatura tra il Mezzogiorno e il
Settentrione.
Fu proprio la scelta repubblicana il presupposto che rese possibile radicare,
nel sentimento profondo del popolo, le ragioni di una unità e di una coesione più
forti, favorendo il dispiegarsi di nuove energie, di nuovi protagonisti della vita
pubblica.
Questa vitalità animò e sostenne la straordinaria stagione costituente, capace
di cogliere e interpretare le speranze, le attese, le aspirazioni degli italiani.
Per celebrare la Repubblica dobbiamo partire da qui: dalle donne e dagli
uomini della Costituente, dalla loro lungimiranza, dal coraggio con cui seppero
cercare e trovare i punti di sintesi. 2
Cos’è la Repubblica? Sono i suoi principi fondativi. Le sue istituzioni. Le sue
leggi, la sua organizzazione. Certo, è tutto questo.
Ma a me sta a cuore, oggi, porre l’accento su ciò che viene prima. Quel che
precede il valore e il significato, pur fondamentale, degli ordinamenti. Parlo della
vita delle donne e degli uomini di questo nostro Paese. Dei loro valori e dei loro
sentimenti. Del loro impegno quotidiano. Della loro laboriosità. Del contributo,
grande o piccolo, che ciascuno di loro ha dato a questi settantacinque anni di storia
comune.
La Repubblica è, prima di tutto, la storia degli italiani e della loro libertà.
E’ la storia del lavoro, motore della trasformazione del nostro Paese. E’ la
storia della Ricostruzione, delle fatiche, dei sacrifici, spesso delle sofferenze, di tanti
che si trasferirono da Sud a Nord, dalle campagne alle città, animando uno
straordinario periodo di sviluppo.
E’ la storia del formarsi e del crescere di una comunità.
Un bel brano di De Gregori dice “la storia siamo noi”, “nessuno si senta
escluso”.
Proviamo a leggere così questi settantacinque anni di vita repubblicana: da
una prospettiva diversa che ci consente di cogliere i profili di soggetti che spesso
sono rimasti sullo sfondo. E che invece hanno riempito la scena, colmato vuoti, dato
senso e tradotto in atti concreti parole come dignità, libertà, uguaglianza,
solidarietà. Parole che altrimenti sarebbero rimaste astratte aspirazioni.
Le persone: donne, uomini, giovani che sono state al centro della nostra
storia, con la loro voglia di esserci e di contare. Di partecipare. Partecipazione civile,
politica, sociale. La volontà di cambiare il mondo. Perché il mondo di prima aveva
prodotto la guerra, l’ingiustizia, la fame, le distruzioni.
L’Italia è stata ricostruita dalle macerie. La Costituzione ha indicato alla
Repubblica la strada da percorrere.
Questa è l’idea fondante della Repubblica, di una Costituzione viva, che si
invera ogni giorno nei comportamenti, nelle scelte, nell’assunzione di responsabilità
dei suoi cittadini, a tutti i livelli e in qualunque ruolo. 3
La democrazia è qualcosa di più di un insieme di regole: è un continuo
processo in cui si cerca la composizione possibile delle aspirazioni e dei propositi,
nella consapevolezza della centralità delle persone, più importanti degli interessi.
In questo cammino un ruolo fondamentale lo giocano i partiti, le forze sociali,
i soggetti della società civile.
A volte le istituzioni possono sembrare fragili, esposte a sfide inedite.
Accadde, ad esempio, negli anni bui della violenza terroristica di varia matrice.
Gli attentati, le stragi, i ferimenti, gli omicidi. Sono state tante le vittime della ferocia
di chi voleva sovvertire lo Stato con le bombe o con le armi.
Nei cinquantacinque giorni dopo l’eccidio di via Fani e il rapimento di Aldo
Moro la Repubblica visse il suo momento più difficile. La risposta degli apparati dello
Stato per molti aspetti apparve incerta di fronte all’attacco terroristico.
A salvare la democrazia in quel passaggio drammatico, stringendosi intorno
alle istituzioni democratiche, fu prima di tutto la straordinaria mobilitazione
popolare. Il no alla violenza netto, forte, determinato dei partiti, dei sindacati.
Le piazze piene di persone di ogni età e di differente orientamento culturale e
politico. Il coraggio di chi, come l’operaio e sindacalista Guido Rossa, scelse di
denunciare i terroristi e per questo pagò con la vita. Il senso del dovere di magistrati
e forze di polizia. Una risposta di popolo che spazzò via le ambiguità di chi teorizzava
assurde e intollerabili equidistanze tra lo Stato e i terroristi.
Il terrorismo è stato sconfitto e lo Stato ha prevalso con gli strumenti del
diritto.
Anche per questo possiamo dire: la Repubblica è libertà e democrazia.
Come possiamo dire: la Repubblica è legalità.
E mentre lo diciamo avvertiamo il dovere di fare memoria di chi ha pagato con
la vita il proprio impegno contro le mafie. Quelli noti e quelli meno ricordati. Uomini
dello stato, semplici cittadini, esponenti politici, sacerdoti, giornalisti, che con il loro
sacrificio hanno saputo dare speranza e coraggio a chi non si rassegna alla
prepotenza criminale.
La Repubblica è solidarietà.
La solidarietà che scattò all’indomani dell’alluvione del Polesine che colpì le
province venete, nel novembre del 1951, con quasi cento vittime e più di 180.000
sfollati, soccorsi e ospitati spontaneamente da tantissime famiglie in tutto il Paese. 4
Oppure la indimenticabile mobilitazione degli angeli del fango: migliaia di
giovani che nel novembre del ’66 corsero a Firenze, provenienti da ogni parte
d’Italia, per dare aiuto alla città messa in ginocchio dall’alluvione e porre in salvo
centinaia di opere d’arte.
E così è avvenuto ogni volta che il Paese è stato ferito da catastrofi naturali,
alluvioni, terremoti. Dal Vajont al Belice al Friuli all’Irpinia, ai tragici eventi che più di
recente hanno colpito l’Emilia e l’Italia centrale. Ogni volta abbiamo visto quanto sia
forte il legame di solidarietà e fraternità che unisce i nostri territori, il nostro popolo.
La Repubblica è umanità e difesa della pace e della vita.
Sempre e ovunque. Come testimonia l’impegno della nostra Guardia costiera
e della Marina militare per salvare la vita di persone spinte dalla disperazione alla
deriva nel Mediterraneo. Va ricordato il contributo prezioso che, da molti anni a
questa parte, i nostri militari forniscono nelle missioni internazionali, impegnati per
la sicurezza e la pace, a fianco delle popolazioni che incontravano sulle loro strade,
dimostrando sempre amicizia e umanità. Che nel mondo si parli di un “modello
italiano” delle missioni è motivo di grande orgoglio per il nostro Paese. E voglio
ricordare con commozione tutti i caduti: a loro va la riconoscenza della Repubblica.
Affermare i grandi principi, evocarli in formulazioni astratte non basta. Perché
essi abbiano concreta incidenza sulla storia, dunque, bisogna viverli.
Non è sempre facile. L’esito non è mai scontato.
C’è un articolo, in particolare, della nostra Costituzione, quello
sull’uguaglianza, che suggerisce una riflessione su quanto sia lungo, faticoso e
contrastato il cammino per tradurre nella realtà un diritto pur solennemente
sancito.
Questo principio, vero pilastro della nostra Carta, ha rappresentato e continua
a rappresentare una meta da conquistare. Con difficoltà, talvolta al prezzo di dure
battaglie. Per molti aspetti un cammino ancora incompiuto.
Penso alle differenze economiche, sociali, fra territori.
Penso alla condizione femminile, all’impegno delle donne per una piena,
concreta affermazione del diritto all’uguaglianza.
Desidero ricordare la figura di una donna, Lina Merlin, pioniera della dignità
femminile.
Rammento la norma che precludeva alle donne l’accesso a molti importanti
uffici pubblici, giudicata illegittima dalla Corte costituzionale nel 1960. Una storia 5
che forse i giovani non conoscono e che oggi non può che sembrar loro
inconcepibile
Così come è inconcepibile – non soltanto per i giovani – apprendere che il
diritto di votare delle donne, nel 1946, è stato una conquista.
Si comprende allora come l’elezione a Presidente della Camera, nel 1979, di
un’altra donna della Repubblica, Nilde Iotti, sia stata un passo decisivo
nell’affermazione del protagonismo delle donne nella vita delle istituzioni.
Non siamo ancora al traguardo di una piena parità. Soprattutto riguardo alla
condizione delle donne nel mondo del lavoro, al loro numero, al trattamento
economico, alle prospettive di carriera, alla tutela della maternità, alla conciliazione
dei tempi. Permangono disparità mentre cresce l’inaccettabile violenza contro di
loro.
Lo stesso lento, accidentato cammino abbiamo vissuto per la piena
affermazione della dignità della persona e dei suoi diritti, combattendo una difficile
battaglia per sradicare ogni forma di discriminazione. Possiamo dire con orgoglio
che, su questo versante, l’Italia di oggi, anche sul piano dei diritti civili, è più matura
e consapevole, migliore di quella di settantacinque anni fa.
Lo è anche grazie al valore della memoria raccontata da persone come Liliana
Segre, instancabile testimone di civiltà e umanità.
La Repubblica da quel 2 giugno a oggi. Possiamo farne un bilancio. Possiamo e
dobbiamo chiederci a che punto è il nostro cammino.
I più anziani tra noi concittadini ricordano bene da dove siamo partiti.
Un Paese che era stato trascinato in guerra, ridotto in povertà, senza risorse,
con tanti italiani che pativano la fame.
Le grandi riforme ne hanno cambiato il profilo.
La riforma agraria, i piani casa con l’edilizia popolare, la nazionalizzazione
dell’energia elettrica, la realizzazione a tempi di record di grandi e decisive opere
infrastrutturali, la riforma tributaria, gli interventi per il Mezzogiorno.
E poi la grande stagione delle riforme sociali.
Lo statuto dei lavoratori, le riforme della scuola, in particolare l’istituzione
della scuola media unica e l’innalzamento dell’obbligo scolastico, il nuovo diritto di
famiglia, l’istituzione, nel 1978, del Servizio sanitario nazionale, ad opera – va
sottolineato – di un’altra donna, la prima a diventare ministra, Tina Anselmi. 6
La fotografia dell’Italia di oggi propone l’immagine di un Paese
profondamente diverso, cambiato, progredito.
Abbiamo vissuto, probabilmente senza esserne sempre pienamente
consapevoli, una straordinaria rivoluzione sociale.
Certo, la nostra Repubblica è imperfetta, come ogni costruzione che rifletta i
limiti e le contraddizioni della vita.
Ancora troppe ingiustizie. Ancora diseguaglianze. Ancora condizioni non
sopportabili per la coscienza collettiva, come l’evasione fiscale o le morti sul lavoro.
Il ricordo del sorriso di Luana D’Orazio impegni tutti al dovere di affrontare il
tema della sicurezza dei lavoratori con determinazione e con rigore.
Alcune storture hanno cause antiche, e richiedono impegno serio per
rimuoverle. Ma la storia repubblicana è tutt’altro che una sequela di insuccessi: è la
storia di una democrazia ben radicata e di successo.
Risollevare il Paese, sgomberando le macerie materiali e morali che la
Repubblica aveva trovato, portandolo a essere una delle principali realtà
economiche e industriali del mondo, è stata una grande impresa.
Un’impresa collettiva, risultato dello sforzo di tanti. Politici, imprenditori,
lavoratori, donne e uomini di ogni ruolo e condizione: hanno avuto come
orientamento il loro senso del dovere, la responsabilità verso se stessi, verso le loro
famiglie e la comunità; l’amore per la Patria. La forza di credere in un futuro
migliore. La disponibilità al sacrificio per realizzare qualcosa per i propri figli e nipoti.
Qualcuno, a volte, manifesta l’impressione che questo spirito, che animò i
costruttori di allora, sia andato smarrito. Che il Paese si sia fermato, imbrigliato da
inerzie e pigrizie, bloccato da rendite di posizione, dall’illusione di poter
sopravvivere seguendo la logica emergenziale del “giorno per giorno”.
Il Paese non è fermo.
Affiora talvolta la tentazione di rinchiudersi nel presente, trascurando il
futuro.
Ma non può essere così.
Quando diciamo che nulla sarà come prima sappiamo che il cambiamento è
già in atto. Ed è veloce. 7
Sono cambiati gli stili di vita; le sensibilità delle persone. Alle domande
relative alla sicurezza del proprio futuro, al lavoro, alla casa, si affiancano le
preoccupazioni per la salute, per la vivibilità e la sostenibilità ambientale. E,
inevitabilmente, cambiano le priorità nelle agende della politica e dell’economia
globale.
La Repubblica possiede valori e risorse per affrontare queste sfide a viso
aperto.
Ha potenzialità straordinarie. L’ineguagliabile patrimonio di arte e cultura, che
affonda le sue radici nel passato e che continua a esprimersi e a parlare al mondo
grazie a interpreti e intelligenze ammirate ovunque.
Ha creatività. Competenze. Capacità che ci rendono in tanti settori un Paese
all’avanguardia. Ne sono esempio tante nostre aziende che esprimono la qualità
italiana, motore di sviluppo e di benessere in questi decenni. Ne sono esempio
donne e uomini impegnati nella ricerca e nei settori dell’innovazione e delle
tecnologie più avanzate. Un’altra donna italiana oggi ci rende orgogliosi: Samantha
Cristoforetti, prima europea chiamata a comandare la stazione spaziale
internazionale.
L’Italia, la nostra Patria, ha le carte in regola per farcela.
Un valore – che vorrei ancora una volta sottolineare – sarà più di tutti decisivo:
la connessione della Repubblica con i suoi cittadini.
Lo abbiamo visto anche nella lotta alla pandemia. Tra lutti e sofferenze, che
mai dimenticheremo, abbiamo riscoperto il senso civico di chi si è trovato a operare
nella frontiera più esposta, quella degli ospedali e delle strutture sanitarie, abbiamo
apprezzato il sacrificio di chi ha lavorato nei servizi, per la pubblica sicurezza, nelle
catene alimentari. Ci è apparso ancora una volta, in tutta la sua evidenza, il valore
della scienza e la conseguente necessità di promuoverla e sostenerla.
Ognuno di noi ha ricevuto la solidarietà di altri italiani. Lo abbiamo
sottolineato celebrando il 2 giugno, l’anno scorso, a Codogno.
Ciascuno ha bisogno degli altri.
Le cure che la Repubblica è riuscita ad assicurare a tanti italiani, adesso ci
pongono di fronte alla necessità, comune, di avere cura della Repubblica. Perché 8
così potremo compiere quei passi in avanti, nel modello sociale, nello sviluppo
sostenibile, nelle opportunità di lavoro e di studio, che sentiamo come un’ambizione
e come un dovere.
Abbiamo una risorsa, grande, che proprio la Repubblica ha fatto crescere in
questi decenni, muovendo dalla coscienza del male che è stato causa delle guerre e
delle dittature. Questa risorsa, questo orizzonte, si chiama Europa. Una costruzione
faticosa, che si è sviluppata in modo non sempre lineare. Talvolta minacciata da
regressioni per illusori interessi particolari ma, nei momenti più critici, capace di
grandi rilanci. Come sta avvenendo.
L’Unione Europea è essa stessa – per noi – figlia della scelta repubblicana.
L’Europa è il compimento del destino nazionale. E’ luogo e presidio di sovranità
democratica. E’ un’oasi di pace in un mondo di guerre e tensioni. Il filo tessuto con il
Risorgimento e la Resistenza ricompone qui la tela di una civiltà democratica che sa
parlare al mondo, senza essere in balia di forze e potenze che la sovrastano.
I doveri verso i giovani, a cui passeremo il testimone della vita, sono
ineludibili.
La priorità è garantire ai giovani eguali diritti di cittadinanza, anche digitale,
senza i quali la disparità delle opportunità diverrebbe causa di nuove, gravi,
inaccettabili povertà. Le famiglie hanno avvertito, in questi mesi, l’urgenza di questa
condizione.
Si presenta una nuova generazione che è pronta, chiede spazio e ha voglia di
impegnarsi.
Ai giovani vorrei chiedere: impegnatevi nelle sfide nuove, a cominciare da
quella della sostenibilità e della transizione verso un pianeta fondato sul rispetto
dell’ambiente e delle persone come unica possibilità di futuro.
Adoperatevi per trasmettere valori e cultura attraverso i nuovi mezzi di
comunicazione. Per promuovere un uso dei social che avvicini le persone e le faccia
crescere dal punto di vista umano e sociale, combattendo con determinazione la
subcultura dell’odio, del disprezzo dell’altro.
Ai ragazzi che oggi sono qui e a quelli che avranno modo di ascoltare queste
parole vorrei dire: la storia di questi settantacinque anni è stato il risultato, il 9
mosaico di tante storie piccole e grandi, di protagonisti conosciuti e di testimonianze
meno note. Tocca ora a voi scrivere la storia della Repubblica. Scegliete gli esempi, i
volti, i modelli, le tante cose positive da custodire della nostra Italia. E poi
preparatevi a vivere i capitoli nuovi di questa storia, ad essere voi protagonisti del
nostro futuro.
Viva il Popolo Italiano, viva la Repubblica!