Camminando (3)

Padroni del tempo

Padroni del tempo

Oltre ai bar e ai mercati, i luoghi di ritrovo più frequenti per gli abitanti di una città sono i giardini, le stazioni e, quando ci sono, l’acqua, o un’altura. Ogni città ha i suoi luoghi magici, poli d’attrazione che spesso attirano e guidano percorsi e itinerari: l’ansa di un fiume, un lungolago o un lungomare, o una collinetta col suo belvedere. L’acqua che scorre tra le case ha sempre il suo fascino: come una vita che scorre, l’acqua passa ma assicura continuità restando sempre se stessa: la vista sul fiume, il panorama dal ponte o dalla riva rimane sempre uguale, anche se ogni goccia d’acqua che scorre è diversa da tutte le altre, quelle passate e quelle future.

Il fascino del camminare sta nel poter usare tutti i cinque sensi, avendo così una piena percezione della realtà, come forma di meditazione “dinamica”. In auto, sul bus, sul treno o anche in bici, sfruttiamo solo la vista, lo sguardo attraverso il finestrino che mantiene la distanza dal mondo e ci lascia passivi. Invece, passeggiare in un parco o accanto a un corso d’acqua ci permette di coinvolgere tutti i nostri sensi, anche quelli che di solito restano inutilizzati: col tatto possiamo toccare la corteccia degli alberi o bagnarci le mani alle fontane, con l’olfatto sentiamo i profumi che ci vengono dalla natura. Se camminiamo in zone tranquille della città, o meglio ancora fuori dai centri urbani, possiamo godere anche dell’udito, allietato dal cinguettío degli uccelli, dal gorgoglío delle fontane, dal suono dei propri passi.

Andando a piedi siamo anche più inclini a godere del tempo presente e a non sottometterci alla fretta, che governa la vita dei nostri tempi. Una vita, quella di oggi, che ci costringe tra l’altro alla fretta ma all’immobilità fisica, col corpo circondato da protesi (sedie, poltrone, scrivanie, sedili, pedali, manubri, telecomandi, mouse e tastiere): l’energia che consumiamo è più nervosa che fisica. Camminare è invece un’attività corporea che, soprattutto sulle lunghe distanze, impegna respiro, sforzo, volontà e coraggio di fronte alle difficoltà del percorso. Andare a piedi riduce la grandezza del mondo alle dimensioni del nostro corpo, non solo per quanto riguarda i cinque sensi ma anche nel percepire le nostre forze e i nostri limiti, affidandoci unicamente alla nostra resistenza fisica. Essendo coscienti della nostra vulnerabilità, siamo quindi anche più prudenti e più disponibili. I camminatori non hanno l’arroganza degli automobilisti o l’egocentrismo dei passeggeri aerei (imbarchi prioritari, posti comodi…), perché stanno sempre ad altezza d’uomo, hanno i piedi per terra e sentono a ogni passo la rugosità e l’asprezza (fisica e metaforica) del mondo. Toccando il terreno, hanno un rapporto col viaggio totalmente diverso dall’automobilista, che ingaggia una lotta, a volte mortale, per concluderlo al più presto e giungere prima a destinazione.

Camminando, siamo noi che comandiamo all’orologio e al calendario, indipendenti dai ritmi sociali, non ci lasciamo stressare dal tempo.  Anzi, siamo noi i padroni del tempo, possiamo spendere ore per visitare villaggi, aggirare laghi, costeggiare fiumi, arrampicarci su colline, attraversare boschi, fermarci a osservare animali o monumenti… Andando lenti, uscendo dal ritmo e dallo stress della vita moderna, ci disinteressiamo delle ultime notizie dal mondo e restiamo “offline”. Possiamo riprendere fiato, rallentare e prendere (e non perdere) tempo. La perdita di tempo è oggi controcorrente, come il silenzio, perché si contrappone alla fretta, all’efficienza, all’impegno totale, come quello di essere perennamente disponibili, coi cellulari sempre accesi e online.

Camminare diventa quindi un atto quasi nostalgico, di resistenza nei confronti di tutti i mezzi di trasporto di cui disponiamo oggi, dei voli low-cost che ci possono portare ovunque nel mondo con facilità. Tra l’altro, ormai persino le visite turistiche e culturali si possono fare virtualmente e comodamente in poltrona, dal computer o dal cellulare. Una volta si camminava per necessità, oggi lo si fa per hobby, come attività del tempo libero, per cercare tranquillità e silenzio.

(3 – Continua)