Napul’è (4)

L’aria s’à dda cagnà

L’aria s’à dda cagnà

Pino Daniele e Massimo Troisi hanno guardato l’amata Napoli in faccia e le hanno detto: “Stai sbagliando: lascia ‘sto mandolino, butta via ‘sta pizza e cerca di muoverti”. E questo lo si può dire a qualcuno solo se lo si ama veramente. Il resto è corteggiamento, attrazione, flirt. Se si ama qualcuno si cerca di correggerlo, e loro hanno cercato di correggere Napoli. Hanno avuto il diritto e il coraggio di giudicarla.

Quindi forse non è vero che Pino Daniele ha tradito Napoli, forse è Napoli che si è dimenticata di Pino Daniele.  Quella Napoli spenta e pigra, che usa se stessa come scusa per restare tutto il giorno a letto a commiserarsi. Napoli che si sveglia per offendersi, non per riscattarsi.

Nelle canzoni di Pino Daniele traspare questo sentimento, questa amarezza, questo rimprovero alla sua città, ma sempre insieme alla speranza e all’esortazione di riscatto. “Quanno chiove” si conclude con la promessa e la certezza che prima o poi l’aria deve cambiare, “l’aria s’à dda cagnà”. Nella famosissima “Napul’ è”, che i napoletani hanno eletto un po’ a loro manifesto, compaiono i colori, le paure, la constatazione che in questa città non si è mai soli e si cammina sempre in mezzo agli altri, anche se della sporcizia non importa niente a nessuno e tutti aspettano semplicemente il colpo di fortuna.

Terra mia” invece comincia al negativo, ma termina con la speranza:  “Comm’è triste e comm’è amaro sta assettato a guarda’ tutt’e cose e tutt’è parole che niente ponn’ fa’”.

Comincia col ricordarci che quando guardi qualcuno che ami e che si sta rovinando, senti solo tristezza e amarezza, prima dell’amore, prima di vedere i “mille culuri”. Ma termina con la constatazione della pienezza di libertà:  “Terra mia, terra mia, tu sì chiena ‘e libertà, Terra mia, terra mia, ì mò a siento ‘a libertà”

Napoli amarezza e Napoli libertà: le due componenti convivono e si integrano. Per sconfiggere il fatalismo, vincere la rassegnazione e superare la pigrizia, non c’è bisogno di scuse né di rinunciare al mare o all’amore. Per riscattare le condizioni di vita di un popolo non vanno necessariamente sacrificati i contenuti umani del suo modo di essere. Dopotutto abbiamo detto che Napoli riassume anche le virtù e i pregi degli italiani, di cui umanità e fantasia rappresentano solo una parte. Ci sono anche aspetti pratici che hanno permesso a questo popolo di restare sempre in piedi (o almeno di rialzarsi sempre) nonostante i suoi tanti problemi.

La coesione e la tenuta sociale, per esempio. La filosofia di vita. Se confrontato con altri popoli, il tasso di suicidi in Italia e a Napoli è molto basso, così come il tasso di alcolismo. Tedeschi e scandinavi, inglesi e olandesi si ubriacano, l’alcol lassù è un flagello sociale. Nelle città del Nord Europa si vedono di sera giovani e meno giovani barcollare per la strada, vomitare sul marciapiede, urlare, picchiarsi. Il tutto per aver sfogato nell’alcol la repressione, la disciplina, l’autocontrollo, accumulatisi durante il giorno.

(4 – Continua)