
Guerre fredde e guerre calde
L’arte è un importante strumento di dialogo e di comprensione reciproca, un ponte che può farci attraversare barriere che peraltro sono spesso solo immaginarie, come quelle che non riuscivano a vedere né Thor Heyerdahl dall’oceano né Jurij Gagarin dallo spazio.
Barriere che però qui, a terra, continuano a distinguere le diverse identità culturali, sociali e politiche. I confini geografici sono spesso tracciati per definire la sovranità di uno Stato su di un determinato territorio, possono seguire elementi naturali, come fiumi o catene montuose, oppure essere il risultato artificiale di accordi politici e trattati. Com’è stato dal 1961 al 1989 per la città di Berlino, attraversata da un muro invalicabile e divisa tra i due blocchi contrapposti della Guerra Fredda. E com’è stato per la slovena Nova Gorica e l’italiana Gorizia, nominate insieme Capitali Europee della Cultura per il 2025: due città ma un’unica popolazione, anch’essa spaccata in due nel 1947 quando venne tracciato il confine tra Italia e Jugoslavia attraverso il centro cittadino, dividendo in due strade, case e persino il cimitero. L’ingresso della Slovenia nell’area Schengen nel 2007 ha poi di fatto riunificato le due città, che in realtà non si erano mai sentite separate nello spirito. Da allora è ripreso il dialogo culturale e sociale tra le comunità friulana e slovena, attraverso arte, musica e teatro.
Anche i confini fisici raramente sono neutri, visto che la loro definizione viene spesso dettata da dinamiche di potere, da conflitti storici e da compromessi. La loro esistenza può generare sia stabilità che tensioni, e i confini stessi possono essere transitori e precari, a seconda delle contingenze storiche in cui sono tracciati e che cambiano in continuazione: nessun confine è per sempre. Basti pensare a quanto erano vasti gli imperi persiano, romano o mongolo, all’instabilità delle frontiere degli Stati germanici o della penisola italica dal Medioevo all’Ottocento, oppure a come si sono dissolti l’impero Austro-Ungarico o la Jugoslavia. Nemmeno oggi dobbiamo dare per scontati i confini: si parla tanto di globalizzazione eppure, nonostante tutto, il mondo continua a fondarsi sul concetto di frontiera. Una conferma è data da quello che accade oggi a Gaza e in Cisgiordania, nel Donbass, alle pretese di Putin sull’Ucraina o a quelle di Trump su Panama e Groenlandia…
Il significato dei confini e delle frontiere è in costante evoluzione. La globalizzazione ha messo in discussione l’idea di confini impermeabili, favorendo la circolazione di beni, persone e idee. Tanto più che la standardizzazione industriale e le nuove tecnologie, come internet e i social network (che con le traduzioni automatiche riducono ormai anche le barriere linguistiche), hanno trasformato il mondo in un unico villaggio globale.
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