Libertà e uguaglianza (2)

Tra destra e sinistra

Tra destra e sinistra

Libertà e uguaglianza, diritti e doveri, destra e sinistra: decenni di dibattiti, contrasti, lotte e guerre, sull’interpretazione di questi concetti. Tutto il resto, ogni altra ideologia – liberismo, socialismo, comunismo, nazionalismo, ma anche i diversi approcci nei confronti dell’accoglienza, dei diritti civili, dell’ambiente, delle minoranze – tutto il resto può identificarsi come una sotto-categoria, figlia di uno dei due principali schieramenti.

In generale ognuno di noi è portato a schierarsi da una parte o dall’altra, ci consideriamo tendenzialmente di “sinistra” o di “destra”. È vero, ci sono anche i partiti cosiddetti “di centro”, ma in pratica, nelle questioni concrete, accade spesso che il centro debba scegliere tra due soluzioni contrapposte. Sebbene nella gestione del governo prevalgano spesso compromessi, alleanze e posizioni più moderate, in realtà molte campagne elettorali si giocano su posizioni estreme, per coinvolgere e attrarre quanti più elettori possibili. È come nel calcio: la porta in cui segnare il gol è posta nel centro della linea di fondo, ma le azioni più pericolose arrivano soprattutto dalle fasce laterali, destra e sinistra.  Gli attacchi portati dal centro sono più banali, più facili da contrastare.

Le campagne elettorali cercano quindi di convincere gli elettori, provano a conquistare quanti più voti possibili. E certamente ad ogni tornata elettorale si spostano voti, dal centro alla destra, o dalla sinistra al centro, o viceversa. Persino, anche se raramente, direttamente tra sinistra e destra. Spesso questi spostamenti, questi ripensamenti, sono dettati più da avvenimenti di cronaca, da promesse eclatanti, da eventi di attualità, che non da veri convincimenti ideologici. Qualche politico arrestato, uno scandalo, un evento epocale, oppure una frase a effetto di qualche esponente di partito: sono questi gli episodi che sovente spingono gli elettori a preferire un partito a un altro, se non addirittura a decidere se andare o meno a votare. Ma senza intaccare in profondità le proprie idee e convinzioni.

Nonostante tutto, i concetti di sinistra e destra sono comunque relativi, dipendono molto sia dai tempi che dai luoghi. Negli Stati Uniti si considererebbe di sinistra un programma politico che in Europa verrebbe proposto dai centristi se non addirittura dal centrodestra. E sì, perché accanto alla destra e alla sinistra esiste pure il centrodestra e il centrosinistra. Altre recenti definizioni politiche, alcune portate con orgoglio, altre più denigratorie, sono quelle dei “moderati” , dei “populisti”, dei “sovranisti”. Definizioni che si sono trasformate in etichette, in aggettivi branditi come complimenti o come insulti, come quando in un dibattito ci si apostrofa con epiteti come “comunista!” o “fascista!”

Classificazioni che poi si sovrappongono e si incastrano tra loro, creando griglie e intrecci inestricabili, da cui nascono populismi di destra, populismi di sinistra, estremismi da entrambe le parti, “fascio-comunismi”, forse pure estremismi moderati di centro…

Stanno ormai perdendo significato le vecchie idee socialiste, liberali, comuniste, repubblicane… Basti vedere come si sono evoluti anche i nomi e le sigle dei partiti politici: in Italia fino a vent’anni fa avevamo partiti che si ispiravano a quelle tradizioni politiche, comprese le varianti che includevano social-democratici, social-proletari, demo-monarchici, democristiani…

I partiti di oggi hanno per lo più nomi che rappresentano scatole vuote, definizioni che non ne indicano nemmeno più la linea politica: un partito “democratico” può avere tanto una connotazione di sinistra (come il PD italiano che si colloca nel centro-sinistra) quanto di destra (come i Democratici Svedesi, formazione di estrema destra). O hanno addirittura nomi che evocano incitamenti da stadio, esortazioni, autocelebrazioni, titoli di canzoni, inni, che si adatterebbero più ad associazioni giovanili che non a partiti con ambizioni di governo. Nomi che spesso dicono da soli anche dell’assenza di programmi e di visioni e dell’intento di attrarre più i cuori (o le pance) che non i cervelli dei cittadini.

(2 – continua)