Vi ricordate A Zacinto del Foscolo?

Vi ricordate A Zacinto del Foscolo?

Né più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
Del greco mar, da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L’inclito verso di colui che l’acque

Cantò fatali, ed il diverso esiglio
Per cui bello di fama e di sventura
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura.

Ho sempre amato questo poeta costretto ad abbandonare la propria terra e a vivere esule tutta la vita. Esiste un filo comune che lega le nostre isole greche a Firenze, lo stesso destino senza radici.

Con il trattato di Campoformio del 1797 la Repubblica di Venezia, che comprende Zante dove il Poeta è nato, viene ceduta da Napoleone all’Austria.

Il dolore dell’esilio e il sentimento nostalgico nei confronti della piccola isola del mar Ionio, animano il ritmo inquieto di questo sonetto. Composto tra il 1802 e il 1803, è un gioiello della letteratura italiana e costituisce una perfetta sintesi tra la dominante tradizione neoclassica e gli innovativi orientamenti romantici dell’autore. Richiama il mondo della Grecia arcaica e manifesta i sentimenti tipici delle tendenze dello Sturm und Drang: l’amor di Patria, l’ossessione della morte, la precarietà del tempo, la Poesia. E’ proprio del 1803 l’edizione definitiva delle sue poesie, è il canzoniere più breve della letteratura italiana, composto solo da dodici sonetti e due odi. In quattro di questi dodici sonetti, quelli definiti “sepolcrali” («In morte del fratello Giovanni», «Alla sera», «A Zacinto», «Alla Musa»), il Foscolo raggiunge la sua piena maturità espressiva.

Ma in Zacinto, ricordata e cantata, sembrano concentrarsi tutte le illusioni del Poeta, la necessità di una patria, dopo aver perso la sua terra natia e il luogo dell’infanzia.

Qui ritroviamo i due modelli poetici di Foscolo: Omero e Dante.

Il poeta deluso da quell’idea di patria che non riusciva a formarsi, non rinnega la grandezza dantesca, guarda però più indietro e glorifica al suo posto il padre della cultura occidentale, il poeta Omero, cui dedicherà il finale del carme Dei sepolcri. Omero narra dell’eroe Ulisse, cui Foscolo si sente legato per il comune destino. Il paragone con Ulisse sembra quasi un obbligo: entrambi sono raminghi, vagano di terra in terra, senza trovare pace, perdendo quasi la speranza del giorno in cui torneranno; ma solo Ulisse torna, Foscolo sente che morirà in terra straniera. Infatti muore in un sobborgo di Londra nel 1827 e le sue ossa verranno rese dagli inglesi all’Italia nel 1871 e traslate a Firenze dove riposano nella chiesa di Santa Croce.