La condivisione del rischio…

La sdraio

Una risposta comune a un problema comune avrebbe richiesto la mutualizzazione del debito pubblico

Il compromesso raggiunto dall’eurogruppo prevede che i prestiti erogati attraverso il Mes non siano sottoposti alle condizioni che normalmente li accompagnano, cioè il rispetto di rigorosi piani di rientro (l’austerità, in una parola). Ma potranno essere usati solo per le spese sanitarie, “dirette o indirette”. Da come sarà interpretato quest’ultimo aggettivo dipenderà l’uso effettivo dello strumento, che come gli altri due consente di risparmiare sugli interessi dei nuovi prestiti. Ammesso che i governi vogliano o debbano ricorrere al Mes, la cui portata resta comunque abbastanza limitata, e che era stato ideato per affrontare i problemi finanziari dei singoli paesi, non per rispondere a uno shock generalizzato.

Governi come quello italiano potrebbero scegliere di non usare il Mes, sia per lo “stigma” che comporta (ossia di essere un paese con problemi a finanziare il suo debito sui mercati), sia per il fatto che si tratta di prestiti a breve termine (due anni).

Condivisione del rischio
Una risposta comune a un problema comune avrebbe richiesto quello che manca nel compromesso finale dell’eurogruppo: ossia la mutualizzazione del debito pubblico contratto per far fronte a quella che secondo tutti sarà la più grave depressione economica (almeno) dal 1929. Che si chiamino coronabond o in un altro modo, non si tratta di solidarietà – cioè di trasferimento di denaro da un paese all’altro e da alcune tasche ad altre – ma condivisione del rischio. Su questo punto, l’eurogruppo ha deciso di non decidere, passando la palla alla Commissione europea, che dovrà trovare le risorse per un piano per la ripresa nel suo bilancio (pari solo all’1 per cento del pil dell’Unione) e in “strumenti finanziari innovativi”. In queste tre parole sta lo spiraglio lasciato aperto per gli eurobond. Ma la furibonda battaglia politica combattuta nell’eurogruppo ha dimostrato che si tratta di uno spiraglio molto piccolo.

Nell’economia del coronavirus il debito pubblico non è più una colpa, ma una necessità. Di questo sono convinti tutti i governi, di qualsiasi colore politico e latitudine, che stanno spendendo e stanziando in deficit sia per le spese necessarie a sostenere i sistemi sanitari sia in quelle (molto più ingenti) per evitare che la recessione provocata dall’isolamento diventi una lunga e profonda depressione. Citando Draghi: “Un debito pubblico molto più alto diventerà una caratteristica permanente delle nostre economie e sarà accompagnato dalla cancellazione dei debiti privati”. Appelli per introdurre forme di mutualizzazione del debito sono arrivati da economisti di estrazione diversa, dalla proposta di “eurobond perpetui contro il covid-19” avanzata da Francesco Giavazzi e Guido Tabellini, agli eterodossi del gruppo Euromemo (che chiedono un “cambio di paradigma” più generale, a partire dalla svolta ecologica).