La patente elettorale (1)

La scienza non è democratica

“La Scienza non è democratica”  (Roberto Burioni)

L’epidemia di Coronavirus ha bruscamente riportato d’attualità il tema delle malattie infettive e l’importanza dei vaccini. Sono mesi ormai che se ne parla. Tra i virologi e gli esperti che ne hanno parlato, soprattutto agli inizi della pandemía, c’è il dott. Roberto Burioni, che con la frase citata in apertura sosteneva che solo chi ha studiato e ha competenze in materia ha diritto di parlare di argomenti scientifici. Dunque la scienza non è democratica, è piuttosto “fattocratica”, sono i fatti che contano: non si possono esprimere opinioni scientifiche senza averne le basi. Concetto ribadito anche dal giornalista divulgativo Piero Angela, quando affermava che “la velocità della luce non si decide per alzata di mano”.

In effetti, nel mondo reale c’è chi conosce gli argomenti, li spiega e li insegna, e chi sa di saperne di meno e, con umiltà, impara. Oggi i social network danno voce a tutti, e molti si sentono in obbligo di parlare di tutto, anche di ció che non conoscono. Un esperto che provi a correggerli, evidenziando gli errori, viene considerato spesso irrispettoso delle “opinioni” altrui. Càpita che chi trascorre anni di sacrifici e studi per imparare una materia venga poi definito arrogante da chi crede di capirla dopo un’occhiata su Google o Wikipedia.

Oltre all’impreparazione su argomenti specifici, esiste poi anche il cosiddetto “analfabetismo funzionale” riferito a chi, pur sapendo leggere e scrivere, non comprende appieno il significato di ciò che legge e non è in grado di formulare pensieri complessi. Non è un fenomeno recente, ma oggi le sue conseguenze sono acuite, sempre per via dei social alla portata di tutti. Si commenta online su tutto, dimostrando spesso incapacità di approfondimento, forse anche a causa della brevità dei post e dei tweet. E sono in molti ad approfittarne: falsità e strumentalizzazioni politiche imperversano. Di modo che quanto detto a proposito dei social, che danno indiscriminatamente a tutti il diritto di parlare su tutto, viene trasferito anche al concetto di “democrazia”: facendo votare tutti, si dà anche la possibilità a tutti di decidere sulla cosa pubblica, anche su ciò di cui non si è a conoscenza. Il che può essere drammatico quando la democrazia degenera nel populismo.

I leader populisti sfruttano l’analfabetismo funzionale raccontando al popolo ciò che il popolo vuol sentirsi dire, offrendo soluzioni semplicistiche per problemi complessi, illudendo e ingannando senza preoccuparsi delle conseguenze. Bombardano segmenti diversi della popolazione con messaggi mirati e personalizzati, a volte in contrasto tra loro, ma invisibili alle reciproche platee. (Uno stesso personaggio politico, di recente, in una piazza “negazionista” accusava il Governo di sfruttare la pandemìa terrorizzando il popolo e obbligandolo alla mascherina e ad altre misure coercitive, in un’altra piazza accusava il Governo di non aver pubblicato le relazioni tecnico-scientifiche sul virus e di aver così nascosto al popolo la gravità dell’emergenza…). Una strategia che funziona benissimo all’opposizione, ma meno al governo.

Governare bene significa infatti fare scelte che al momento possono essere impopolari, ma che hanno effetti positivi nel lungo termine. Significa investire nel futuro, non solo soddisfare nel presente. E farlo per tutta la popolazione.

(1 – Continua)