Italiani e crisi (1)

Weiji

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Il titolo è forse un po’ vago. Mai come oggi si assiste, non solo in Italia ma un po’ ovunque nel mondo, a crisi epocali: l’intera Europa, coi suoi problemi energetici, economici e sociali, la guerra in Ucraina provocata dall’invasione russa, l’Afghanistan, Taiwan e la Cina…, tutto il mondo sta vivendo un periodo piuttosto turbolento. E a proposito della Cina, in cinese il termine “crisi” si traduce con “wēijī”, scritto coi due caratteri “wēi” (危) e “” (機).

Ciascuno di questi due caratteri ha un proprio significato. Wēi (危) significa “pericolo” o “pericoloso”, mentre    (機) è spesso tradotto in “opportunità”, ma ha in realtà un  significato più simile a “momento cruciale”, “punto cruciale”, quindi “momento in cui cambia o inizia qualcosa”; ma in combinazione con huì () forma la parola  jīhuì (機会) che significa, appunto, “opportunità”.

Possiamo pertanto dedurre che nella cultura cinese una crisi viene vista come un’opportunità di cambiamento e svolta, in risposta a un pericolo. Un concetto suggestivo, seducente, che ha trovato spesso conferma, soprattutto in particolari momenti storici. E non solo in Cina.

L’Italia è uno di quei luoghi dove questa relazione tra crisi, pericolo e opportunità di cambiamento è stata – ed è tuttora – molto evidente: il nostro Paese non si smuove, non fa passi avanti, se non ne è costretto da qualche crisi, da qualche pericolo imminente.

Gli italiani sono (quasi) sempre orgogliosi della loro italianità, ma lo sono molto di più in occasione di drammi nazionali. La routine quotidiana non gli si addice, servono sfide impossibili, eventi straordinari, drammi, come alluvioni o terremoti, per tirar fuori il meglio di sé. L’abbiamo purtroppo spesso constatato nel passato, in occasione di terremoti, inondazioni, frane, valanghe… Si è abusato di termini come “eroi”, “grandi”, “eccezionali”, a proposito dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile. O come i medici e gli infermieri durante l’emergenza pandemica. Noi italiani siamo in effetti “eccezionali” quando dobbiamo essere “eroici” per ovviare ai disastri, ma ahimé troppo spesso inetti prima, nel prevenirli. Bravi nelle difficoltà, ma molto superficiali nelle situazioni di ordinaria amministrazione.

E ciò non vale solo per le calamità naturali: lo stesso accade in molti aspetti della vita quotidiana, come in politica, ma anche in questioni più frivole. La nazionale di calcio, per esempio, è capace di “grandi” imprese in condizioni difficili, contro le squadre più forti, contro i pronostici sfavorevoli. Ma quando siamo favoriti ci sciogliamo, perdiamo di fronte ai deboli, alle Coree o alle Macedonie di turno…

Preferiamo cavarci di impaccio nelle situazioni disperate, anziché svolgere il nostro compito quotidiano a regola d’arte, per evitare problemi.

Non la definirei una coincidenza il fatto che molte opere pubbliche in Italia, anche quando approvate e pianificate da anni, accumulino sempre enormi ritardi e, in prossimità della scadenza, si trasformino in emergenze, in opere a regime straordinario, per accelerare e poter consegnare in tempo i lavori. Era accaduto con i cantieri per il vertice del G8 nel 2009, per i campionati mondiali di nuoto dello stesso anno, per l’Expo di Milano del 2015 e in tante altre occasioni.

In Italia si preferisce lavorare in emergenza piuttosto che in regime normale. Anche perché così si possono aggirare i regolamenti col beneplacito di chi deve controllare, si possono trovare scorciatoie, chiudendo un occhio (o entrambi) su qualche irregolarità, magari facendo la cresta sui costi… In nome delle emergenze saltano tutte le regole, e alla fine si diventa tutti eroi per la missione compiuta.

Anche quando rispettate, le regole sono spesso interpretate in maniera creativa e considerate, prima ancora che oppressive, noiose: sfidare le norme è un modo per renderle interessanti. Non è un caso che uno dei governi più stabili e “regolari” della storia della Repubblica, quello di Draghi, sia stato mandato a casa…  Ennio Flaiano diceva che gli italiani hanno un solo vero nemico: l’arbitro di calcio, perché è l’unico che emette giudizi immediati e fa rispettare le regole, senza troppe discussioni.

 Già, gli italiani…  Ma chi sono, chi siamo noi italiani? Possiamo generalizzare, siamo davvero tutti uguali? E poi, come e quando è nato il concetto di Italia e di “italiani”?

Tornando ai cinesi, possiamo dire che anche il concetto di Italia e di italiani, dopotutto, nasce da una crisi, si è anzi formato e consolidato nel tempo in risposta a diverse crisi avvenute in diverse epoche storiche.

(1 – Continua)