Una vecchia regola del cinema vuole che i film migliori si facciano con i libri meno importanti, con i quali si è più liberi di tradire, plasmare, cambiare e modificare a piacimento trama o dettagli anche cruciali, senza alcuna soggezione verso il materiale d’origine. Del resto, l’adagio “il libro era meglio” è la condanna di tutti quei film che scelgono di mettere in scena i cult della letteratura, i più amati e storici. Hitchcock partiva quasi sempre da un romanzo, ma nessuno conosce i romanzi dei suoi film, tutti conoscono “solo” i suoi film.
Esiste, poi, una stranissima, rara e preziosa via di mezzo, cioè quella dei film che hanno preso dei libri eccezionali (siano o non siano famosi) e li hanno traditi quanto serviva, piegati quanto bastava per farli diventare grandi anche al cinema. Sono casi noti e ben poco frequenti, in cui o il materiale di partenza è così folle da necessitare un cambiamento – tale che nessuno spettatore si scandalizzi – nel momento in cui si imprime sulla pellicola, o in cui la personalità dell’autore riesce ad imporre se stessa.
I film di questa classifica, quindi, non sono i migliori a essere mai stati tratti da un libro, bensì i migliori a essere mai stati tratti da grandissimi libri. I film da leggere per l’appunto.
10. Il silenzio degli innocenti
Dei film tratti dai libri di Thomas Harris in cui compare Hannibal Lecter, Il silenzio degli innocenti è il più noto e temuto. Terrificante e inesorabile nella scrittura, è arrivato al cinema dopo che già Michael Mann aveva trasposto un altro titolo della serie (Il delitto della terza luna, diventato Manhunter – Frammenti di un omicidio). Tuttavia, a differenza del film di Mann, qui Jonathan Demme ha a disposizione un detective donna e decisamente più spazio per Hannibal Lecter (per i cui panni sceglie Anthony Hopkins). Una volta tanto il libro diventa un film perfetto non stravolgendolo, ma scegliendo alla perfezione che cosa adattare e come.
9. L’ultimo dei Mohicani
Ci sono tantissime versioni per il cinema de L’ultimo dei Mohicani a partire dai tempi del muto, perché il libro di James Fenimore Cooper è un classico della narrativa americana, insegnato e spiegato già nelle scuole. Storie di grandi spazi, pionieri e indiani. Ma nella versione di Michael Mann questo grande romanzo trova l’epica del cinema. Pur essendo ridotto (come ogni romanzo), al tempo stesso è gonfiato nelle proporzioni e nella grandezza dei personaggi che diventano archetipi del grande schermo, raffigurazioni di grandi virtù.
8. Vizio di forma
Forse solo Paul Thomas Anderson poteva prendere il romanzo di Thomas Pynchon e farne un film di uguale impenetrabilità. Là dove la caratteristica principale della pagina è una specie di struttura labirintica in cui il personaggio principale sembra perdersi, sullo schermo Anderson crea un noir hippie con diversi momenti più leggeri, in cui però il peso di una donna su un uomo (che poi è l’essenza del noir) si traduce in una strana forma di nostalgia per il passato mentre Larry “Doc” Sportello indaga in una serie di misteri a scatola cinese che sembrano non finire più.
7. Trainspotting
Vedendo Trainspotting non si direbbe mai che viene da un libro, sembra nato per essere audiovisivo, montaggio, musica, esagerazioni e trovate visive. Invece, nasce tutto dal testo di Irvine Welsh, che Danny Boyle trasforma in un delirio. La strategia è stata di abbracciarne la natura narrativa, con un forte uso di voce fuoricampo dal tono letterario (che nel film, recitato da Ewan McGregor, ha un che di ironico) e tutto il portato devastante, lurido, schifoso e moralmente abietto che i romanzi possono permettersi e invece solitamente i film faticano a proporre.
6. Jackie Brown (Punch al rum)
Qui siamo a livelli altissimi ancora prima di partire. Del resto, perché a Quentin Tarantino venga voglia di adattare un romanzo, ce ne vuole! Se l’uomo che più va fiero delle proprie sceneggiature e della propria scrittura di tutta Hollywood, si piega ad adattare per lo schermo un racconto altrui, è un evento straordinario con dietro un romanzo altrettanto straordinario (di Elmore Leonard) e un risultato pazzesco davanti. Il regista fa quel che vuole, questo è vero, ma dei personaggi coglie l’essenza ultima e fa un lavoro sulla recitazione come solo lui sa fare con una coppia di attori (Pam Grier e Robert Forster) dimenticati e vogliosissimi di riscatto.
5. Il conformista
Nel momento in cui si appresta a realizzare Il conformista, Bernardo Bertolucci ha 30 anni, ha già diretto quattro film e conosciuto Vittorio Storaro, il collaboratore con cui lavorerà nel periodo più fecondo della sua vita. Era ancora giovane e doveva esplodere. Fino a quel punto era stato un giovane cinefilo interessante e arrabbiato, ora era pronto a uccidere i suoi maestri. Con Moravia a sostenerlo adatta un romanzo epico e crea il film che lo lancia nel mondo. Il successo sarà tale che dopo potrà girare Ultimo Tango a Parigi permettendosi Marlon Brando.
4. Fight Club
Quando David Fincher affronta Chuck Palahniuk non ha più niente da perdere e prende questo film con la sfrontatezza che lo caratterizza, giocandosi tutto. Sovrimpressioni, rottura della quarta parete, un inganno portato avanti fino al finale e una confusione grandissima che rende il film il cult che è. Fight Club era ben noto e ammirato come romanzo, ma l’adattamento cinematografico ha portato tutto questo da un’altra parte, unendo Edward Norton e Brad Pitt in una persona sola e raccontando l’insofferenza verso la quotidianità in modi inediti.
3. Shining
Per Stephen King è il peggior film mai tratto da un suo libro. Per il resto del mondo, il migliore. Shining di Stanley Kubrick ha molti, moltissimi, punti in cui abbandona il romanzo per fare altro, in certi casi contraddirlo, tuttavia crea una dimensione di paura unica che replica esattamente quella sensazione e quell’equilibrio della carta stampata. Shining era uno dei primissimi libri in cui King distillava la sua idea per la quale il male che gli uomini o le creature compiono viene sempre da un luogo, un luogo capace di catalizzare e infondere quel sentimento. Kubrick aveva creato per quel film il luogo horror definitivo del cinema: l’Overlook, tutto porte, corridoi, tappeti, stanze e grandi saloni su cui insistere, da attraversare e vivere.
2. Gomorra
Quando Matteo Garrone acquistò i diritti del romanzo di Roberto Saviano per farne un film, Gomorra non era ancora un caso. Vide lungo, ma soprattutto vide un suo film, vide cioè in quella storia una possibilità per se stesso, lo spazio perfetto per le sue idee prima ancora che un successo. E così il suo Gomorra prende delle storie, le adatta e poi le plasma con la sua sensibilità, non gli interessa minimamente raccontare la realtà (che invece era l’obiettivo del libro) e preferisce usare quel materiale per creare un mondo che esiste e non esiste, simile al cinema, quasi irreale, in cui tutto ciò che c’è di più concreto diventa metafora.
1. Apocalypse Now (Cuore di tenebra)
La storia vuole che la sceneggiatura di Apocalypse Now sia stata frutto di una scommessa tra George Lucas e John Milius ai tempi dell’università di cinema: adattare Cuore di tenebra di Joseph Conrad. Milius ne fece un film di guerra, cambiando l’Africa con l’Asia e portando il suo Willard a cercare il suo Kurtz in Vietnam, attraverso un paesaggio allucinato. Dopo molti cambi finì per dirigerlo Francis Ford Coppola con l’idea di farne un filmone di guerra per tutta la famiglia e invece fu l’inferno. Quasi perse tutto il suo patrimonio e distrusse la sua famiglia, Martin Sheen ebbe un attacco cardiaco e la lavorazione si allungò a dismisura bloccando la crew in Cambogia in cerca di un finale. Il risultato è un capolavoro che cambia completamente il romanzo tenendo fermo il suo cuore.
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