Chef mio caro Chef, una volta ti chiamavi Cuoco

No no chef non mi guardi cosi, e piange consapevole che il piatto non ha riscosso il successo che sperava. Cannavacciuolo la guarda come un padreterno può guardare un povero peccatore che cerca la strada della redenzione e le dice cupo, con lo sguardo teso, gli occhi piccoli e cattivi che scrutano l’anima della poveretta: la maionese è troppo gialla! Lascia il tuo grembiale. No non è un incubo dopo un’amatriciana serale alla trattoria “il bucatino” sottocasa mal digerita, ma il plot di una trasmissione televisiva molto seguita, un format internazionale di successo. In altra trasmissione similare Cannavacciuolo impartisce consigli ad una schiera di proprietari di ristorante sfigati che per superare la suddetta sfiga ed entrare nell’eden dei ristoratori subiscono un training dello stesso Antonino trasformatosi in psicologo/coach. Trasmissioni simili esistono perche esistono gli chef, ex cuochi, ora assurti a veri e propri semidei dalle cui mani e dal cui cervello escono prelibatezze che non tutti sono in grado di apprezzare. In realta questi cuochi, chiamiamoli cosi, sono diventati riferimenti culturali; un tocco in piu o in meno un ingrediente in piu o in meno ne decretano il successo e fanno tendenza, sono intervistati un po su tutto assumendo un’importanza che la dice lunga sul nulla culturale che vanno a riempire insieme alle nostre pancie. Però chiamiamoli cuochi perche in fondo questo sono. Ottimi cuochi e gustiamone le invenzioni, e non spacciatemi un Cannavacciuolo come un maitre a penser.