Saper invecchiare (4)

Tra futuro e passato

Tra futuro e passato

Parlavamo della terza età come di un territorio nuovo da esplorare, ricco di opportunità: i nuovi anziani dovranno “reinventare” se stessi, coalizzarsi per provare a ridisegnare la società, in particolare per quanto riguarda il welfare e gli stili di vita.

Invecchiare non è infatti solo una questione fisica, ma anche e soprattutto mentale. L’ingresso nella terza età viene accompagnato da profondi cambiamenti psicologici: molti eventi si verificano durante la vecchiaia, passaggi quasi obbligati – come il pensionamento – che comportano forti adattamenti, almeno finché non verranno definiti nuovi modelli sociali, dal sistema produttivo a quello pensionistico, passando per l’assistenza sanitaria e la creazione di nuove opportunità di lavoro e di riqualificazione.

Una volta in pensione, le spese iniziano spesso a concentrarsi sui beni alimentari e sull’assistenza medica, precludendo così la possibilità per molti anziani di coltivare hobby e compensare emotivamente il ritiro dall’attività produttiva. Si riducono le opportunità di contatto sociale e di comunicazione, anche perché a poco a poco vengono a mancare amici, compagni, persone frequentate per tutta la vita. La perdita della propria rete sociale è fonte di profonda solitudine, sia reale (restando soli fisicamente) sia psicologica (sentendosi soli in mezzo agli altri), col rischio quindi che alle difficoltà fisiche e sociali si aggiungano appunto quelle emotive.

Nell’ultimo versante della valle della vita si riducono anche il tempo e le energie a disposizione, e la visione del futuro lascia spazio a riflessioni sul passato. È tempo di bilanci, si volge lo sguardo indietro a rivedere le scelte di vita compiute: per vivere serenamente l’ultimo tratto di strada è importante poter giudicare positivamente il proprio percorso di vita, ciò che si è riusciti a realizzare. E per dare un senso al proprio vissuto, ad una certa età viene consigliato di scrivere una sorta di autobiografia, non tanto per pubblicarla o farla leggere a qualcuno, ma per se stessi, per cercare una narrazione lineare nella propria vita e collegare tutti gli eventi vissuti ad un obiettivo.

I versi di Fabié esortavano dunque ad accettare la vecchiaia, rinunciando a ciò che una volta si riusciva a ottenere facilmente. Rassegnandosi a vivere in disparte, presso la riva del fiume, evitando i flutti tra cui si amava nuotare. In questo consisteva, per lui, il “saper invecchiare”. Oggi, comunque, “saper” invecchiare potrebbe anche significare il contrario, ribellarsi cioè agli stereotipi che vedono negli anziani solo persone fragili e deboli (come nella campagna vaccinale) senza più energia né passioni. Eppure ci sono stati e ci sono tuttora validissimi capi di Stato, artisti, scienziati, pontefici e persone comuni ultrasettantenni e anche ultraottantenni, che hanno avuto successo laddove giovani quarantenni hanno fallito.

(4 – Continua)