“Il giudizio universale” all’auditorium di via della conciliazione

Entri e ti metti seduto in quello che è stato per decenni il tempio indiscusso della musica romana, incuriosito di quando le luci si abbasseranno; tutti gli spettatori, si ha la netta sensazione, che mentre si aspetta l’inizio dello spettacolo, osservino in alto quei faretti o meglio come si dice oggi “spot” che riempiono il perimetro del soffitto dell’auditorium. Simmetrici, mobili, velocissimi, potenti si ha insomma una vera curiosità di cosa succederà.
Poi inizia la colonna sonora e le luci di sala si abbassano: inizia il diluvio universale.
Un vento tempestoso e lampi terribili che lasciano poco dopo il posto alle bellezza totale della Cappella Sistina.

«Non sarà un musical, non uno spettacolo teatrale e nemmeno un balletto – aveva ssicurato Marco Balich, regista e direttore artistico -. Sarà uno show totale, intenso, potente, la somma di tutte le esperienze maturate in tanti anni all’estero. Si tratterà di uno spettacolo completamente nuovo, mai visto, in cui la genesi di un capolavoro dell’arte universale viene raccontata intrecciando tutti i linguaggi che il mondo del live entertainment mette oggi a disposizione. Dunque acrobazia, ballo, ombre cinesi, musica e parole, ma non solo» (cit.).

«I Musei Vaticani – ha spiegato il direttore Barbara Jatta – sono una realtà in cui tradizione e innovazione trovano una perfetta sintesi. La collaborazione con Artainment Shows va letta proprio in quest’ottica. Il live show può rappresentare un ottimo modo di vivere e conoscere la Cappella più famosa del mondo in modo diverso, con un linguaggio comunicativo moderno, adatto alle nuove generazioni» (cit.).

 

Sting  ha arrangiato e interpretato il tema originale e Pierfrancesco Favino ha offerto la sua voce a Michelangelo.

Spiega Balich: «Vorrei confrontarmi con quei teenager di oggi che al primo momento di noia si chinano a guardare il telefonino. Vorrei che nell’ora di durata di Giudizio Universale quei ragazzi non sentissero mai il desiderio di controllare lo smartphone».  (cit.).

Lo spettacolo infatti offre “carne al fuoco” e cattura l’attenzione del pubblico, con coreografie e giochi di ombre e luci accattivanti, complicati da creare e gestire, un lavoro immenso e si vede tutto. Ma rimane ed è uno “show”, in cui l’arte fa da protagonista ma dove l’arte viene un po forzatamente presa per mano per fare “business”.