Il cimitero acattolico di Roma

Entrare nel Cimitero Acattolico di Roma è come entrare in un giardino incantato della vecchia Inghilterra all’interno del caos romano. I prati sono curati e le panchine di legno somigliano a quelle dei parchi londinesi. Il senso di morte è leggero, appena percepibile dalla visione delle lapidi, quasi assente la tetra simbologia legata alla fine della vita. La gente viene qui anche solo per passeggiare o per leggersi un libro in compagnia dei gatti che si crogiolano al sole. Il Cimitero acattolico è destinato all’estremo riposo dei non-cattolici stranieri, ma è concessa la sepoltura anche agli italiani illustri che hanno così tanto amato Roma da volerci vivere e morire.
Io sono andata alla ricerca dei poeti.
Nella parte più antica del Cimitero, alle spalle della piramide Cestia, si trova la tomba del poeta inglese John Keats, morto dopo essere venuto in Italia a curarsi la tubercolosi. Il suo amico fraterno il pittore Joseph Severn lo seguirà in Italia e pagherà l’epitaffio sulla sua lapide: «Questa tomba contiene i resti mortali di un GIOVANE POETA INGLESE che, sul letto di morte, nell’amarezza del suo cuore, di fronte al potere maligno dei suoi nemici, volle che fossero incise queste parole sulla sua lapide: “Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua”». A Keats non verrà mai perdonato l’amore per Fanny Brawne, solo Severn gli rimarrà vicino per sempre con una tomba accanto alla sua.
Nella parte nuova del Cimitero sono sepolte le ceneri di Percy Bysshe Shelley, annegato in mare al largo di Portovenere durante una tempesta. Il suo cuore viene rimosso e gelosamente conservato dalla vedova Mary Shelley.
La Tomba del poeta statunitense Gregory Corso è posta per suo volere ai piedi della tomba di Percy Bysshe Shelley. E’ qui che, dopo qualche mese dalla morte avvenuta a New York, viene inumata la salma alla presenza di amici italiani e americani, tra questi un Bob Dylan che canticchia quasi sottovoce. Corso ha vissuto a Roma e ha amato molto questa città, le ha dedicato una poesia che termina così: «E allora Gregory, perché vuoi restare? Perché prego che forse Roma mi riporterà alla verità, e di nuovo a casa alla mia giovinezza».
Poco più avanti troviamo la lapide del poeta Dario Bellezza, morto di aids in povertà e solitudine il 31 marzo del 1996 a Roma. Accanto a lui i genitori, il padre morto dopo un anno di crepacuore, probabilmente per le cattiverie che ha sentito dire sul figlio.
.Non lontano, nascosti da alberi e cespugli, troviamo altre due lapidi importanti. Quella della poetessa Amelia Rosselli, figlia di Carlo, morta suicida lo stesso giorno (ma diversi anni dopo) del suicidio di un’altra grande poetessa da lei amata e tradotta, Sylvia Plath, e la lapide di Carlo Emilio Gadda, milanese di origine, ma così ostinatamente legato a Roma da volere rimanere qui per sempre.
Da ricordare inoltre la lapide di Antonio Gramsci dove Pier Paolo Pasolini veniva a trarre ispirazione e che è stata immortalata con i suoi versi ne Le ceneri di Gramsci:
«Uno straccetto rosso, come quello/ arrotolato al collo ai partigiani/ e, presso l’urna, sul terreno cereo,/ diversamente rossi, due gerani./ Lì tu stai, bandito e con dura eleganza/ non cattolica, elencato tra estranei/ morti: Le ceneri di Gramsci…»

Il Cimitero Acattolico si trova dietro alla piramide Cestia, in zona Testaccio. Ci si arriva con la linea B della metro, fermata Piramide.
L’ingresso è gratuito, ma si può lasciare un’offerta che andrà a finanziare la manutenzione del cimitero.