Il corpo abusato : la voce (3)

Siamo alla terza puntata del breve viaggio nel corpo femminile, sul quale passano secoli di costrizioni e di faticosi giochi di potere, per “tenere a bada” le donne. Perché c’è sempre stata questa necessità? Le si considera inferiori o le si teme? Di certo il potere del corpo femminile è grande: è lì dentro che (ovviamente con l’apporto maschile), nasce e cresce la vita. La misteriosa forza della procreazione può intimorire, su questo non c’è dubbio. La pulsione a tenerla sotto controllo può forse nascondere una sorta di sindrome maschile opposta a quella di cui soffriamo noi donne secondo la psicoanalisi? Si potrebbe trattare di una invidia del pene al contrario? Chissà! Certo con la differenza che il ventre procreatore è dato dalla natura, il potere degli uomini invece è una costruzione umana. Invidiare una donna che dà la vita equivarrebbe insomma all’invidia per Dio, – difficile costruire un prototipo di corpo maschile in grado di portare avanti una gestazione e partorire un figlio -, mentre ribaltare il potere dei maschi a favore dell’universo femminile potrebbe voler significare solo una rivoluzione, dura, dall’incerto risultato, ma più facile dell’altra.

Ma si scherza e non è certo a tanto che si vuole arrivare. Alle donne spesso basta essere prese sul serio e poter fare sentire la propria voce.

La voce, ecco un altro elemento, comune a maschi e femmine che, nella versione femminile è stato stressato e vilipeso per secoli. Nel 2006 Ann Karpf ha scritto un libro “The Human Voice. How this extraordinary instrument reveals essential clues about who we are” (La voce umana. Come questo straordinario strumento rivela tracce essenziali su chi siamo) in cui ricorda che alle donne era vietato partecipare a tutte le funzioni religiose pubbliche, persino pregare a voce alta, perché la voce di una donna poteva distrarre i maschi e – al solito – eccitarli sessualmente. Il profeta Samuele, nel Vecchio Testamento giudicava indecenti le voci femminili. San Paolo invitava le donne a rivolgersi ai mariti per sapere qualcosa di più, nel segreto delle loro case, perché le donne dovevano essere silenziose e sottomesse agli uomini. Impossibile parlare in pubblico, dovevano riconoscere la propria subalternità e interloquire solo se sollecitate a farlo.

Era però riconosciuto che la voce acuta rispondesse appieno all’ideale delle voci angeliche, dunque si ricorrereva alle voci dei fanciulli che poi si castravano per ottenere le cosiddette voci bianche, che tanto piacevano al Signore, secondo l’ottica antica.

Fino alla fine dell’Ottocento, persino la costrizione in abiti stretti, i busti con le stecche di balena, i corpetti tirati fino allo spasimo rendevano la voce e il respiro femminili faticosi, più acuti e “sospirosi”.

Quando le donne hanno cominciato a parlare in pubblico, oltre allo sconcerto e allo scandalo, hanno suscitato ilarità. Ridicolizzare è una delle forme più comuni per tenere a bada. Una donna che si accalora, la cui voce per natura si alza di tono e stride, viene ancora presa in giro perché “starnazza come una gallina”, o “urla come un’isterica” e metà di quel che dice scompare dietro il giudizio di forma.

Rieducare la voce non è stato facile, e con l’avvento delle donne in politica o comunque sulla scena pubblica, spesso si è ricorso a tecniche vocali che abbassassero il tono e lo rendessero più “maschile”.  Per decenni in televisione e nelle radio di tutto il mondo, di politica e di cose “serie” parlavano solo gli uomini, che hanno un tono di voce più profondo che incute rispetto.

Per guadagnare credibilità insomma, la donna deve necessariamente cedere un po’ della propria femminilità. E l’ottica resta la medesima di secoli fa: se sei una donna, la prima cosa che si noterà di te è il tuo aspetto e ti si giudicherà per quello. Se sei troppo femminile finirai per eccitare i maschi, non ti vedranno più come una collega/rivale/compagna/rappresentante politica-sindacale etc etc, ma resterai solo una donna, dove quel “solo” significa ancora troppo spesso oggetto di conquista, terreno di caccia. Ovviamente sto eccedendo e sono consapevole che non è solo né sempre così, ma è utile comunque spiegare con semplicità quello che a volte provano le donne quando vogliono trovare un lavoro, rappresentare altre donne o uomini, parlare in un’assemblea politica, cittadina, semplicemente condominiale, o addirittura in famiglia. (-3 continua)