I DIMENTICATI

I DIMENTICATI
EMANUEL CARNEVALI (Firenze 1897 – Bologna 1942)

Emanuel Carnevali, il «poeta maledetto» accostato spesso ad Arthur Rimbaud e Dino Campana, nasce a Firenze il 4 dicembre 1897 dopo che i suoi genitori si sono già separati.
Alla morte della madre e dopo varie vicissitudini scolastiche andrà a vivere con il padre. Per i continui litigi con lui (“mio padre era ed è tutt’ora il più ignobile dei tiranni”), decide di emigrare negli Stati Uniti nel 1914, a soli 16 anni. S’imbarca per New York dove farà i mestieri più umili e imparerà l’inglese leggendo di notte le insegne luminose delle strade. Comincia a scrivere e ad inviare i suoi versi a tutte le riviste americane che conosce. Le sue poesie, all’inizio rifiutate, vengono pubblicate dalla prestigiosa rivista letteraria “Poetry Magazine”, della quale diventerà addirittura condirettore insieme a Harriet Monroe. E’ così che Emanuel, soprannominato il “black poet” per il suo carattere ribelle e indipendente, entra in contatto con gli autori statunitensi più apprezzati del tempo, quali, ad esempio, Ezra Pound , William Carlos Williams , Sherwood Anderson e Carl Sandburg.
Nel 1922, colpito da encefalite letargica di origine nervosa, deve tornare in Italia. Trascorre in un ospedale vicino a Bologna gli ultimi anni della sua vita, continuando a ricevere visite e lettere dei suoi amici americani. Muore l’11 gennaio 1942 nella Clinica Neurologica di Bologna, soffocato da un boccone di pane.
La vita tormentata di Carnevali è descritta nel romanzo autobiografico Il Primo Dio che si trova all’interno del libro che porta lo stesso titolo, tradotto e curato dalla sorellastra Maria Pia e che contiene, inoltre, una raccolta di suoi scritti narrativi, poetici e critici.
Poeta dimenticato o poco letto, Carnevali, è uno dei migliori poeti italo-americani in lingua inglese. Il suo inglese “di strada” ha portato nella poesia oltreoceano un “soffio selvatico” che gli ha permesso di partecipare al rinnovamento dell’avanguardia letteraria americana dell’epoca.

Poesie tratte da “Il Primo Dio”:

Ho imparato a non temere la morte,
io che muoio una volta al giorno.
Ho imparato a farmi beffe della vita,
io che vivo così poco.
Ho imparato a non provare amore –
il mio cuore di legno mi ha aiutato.

Alba
Il mattino ora
è un cadavere bianco –
gli incubi
l’hanno ucciso.
Invano la brezza
Spira una terribile tristezza
Sul suo corpo.
Ai poeti
Essenze di ogni bellezza popolare,
violini dalle corde vibranti
lunghe, soffici, delicate armonie –
anche se sfiorati dalle ruvide dita del mondo
anche se sfiorati dalle fredde dita del dolore –
pensate al giorno in cui, dormendo nelle vostre tombe,
sarete svegliati dal tuono delle vostre voci.
e dal vento forte e gelido della vostra musica:
poiché nel suolo fertile degli anni
le vostre voci fioriranno mutando in tuono,
la vostra musica muterà in vento che monda e genera.
L’ultimo giorno
I miei occhi/ sono grida acute
come gli occhi di un cane frustato, affamato
C’è un giornale
accartocciato
ucciso dal fango
Le mie mani spaventate
tremano
dissennate
e la tua mano bianca
la sento
dentro di me che strappa quel poco di anima
che ancora mi resta.

 

IL PRIMO DIO, Emanuel Carnevali. A cura di Maria Pia Carnevali
Biblioteca Adelphi, 81 – 1978