Diciamoci la verità (3)

Comunicazione verticale e orizzontale

Comunicazione verticale e orizzontale

Tra i più grandi sostenitori del giornalismo, Thomas Jefferson scrisse: «Se fossi costretto a scegliere fra un governo senza giornali, o giornali senza un governo, non esiterei a preferire la seconda scelta». Mentre Honoré de Balzac controbatteva: «Se la stampa non ci fosse, bisognerebbe soprattutto non inventarla. Il giornalismo è un inferno, un abisso d’iniquità, di menzogne, di tradimenti, che non possiamo attraversare, e dal quale non possiamo uscire puliti».

Stampa, libri, giornali ebbero quindi anch’essi molti detrattori, come i “social” odierni. E rappresentavano sempre messaggi “verticali”, dall’alto in basso, da “pochi” a “molti”. Non tutti avevano la possibilità di ricevere i messaggi (bisognava saper leggere, e l’analfabetismo era imperante), ma molte meno persone avevano la possibilità di inviarli. Non bastava infatti saper scrivere, era indispensabile far parte dell’élite politica e culturale. Quella che oggi viene chiamata “casta” o “poteri forti”.

Per molti secoli, i cittadini comuni ebbero a disposizione solo la posta, per comunicare a distanza. I primi servizi postali furono organizzati nel VII secolo a.C. in Mesopotamia e in Egitto, ma per lungo tempo restarono riservati alle autorità pubbliche. I primi servizi disponibili ai privati apparvero in Europa nel Trecento. Ma solo nell’Ottocento, con lo sviluppo delle ferrovie, si organizzò un sistema postale come lo conosciamo oggi.

L’Ottocento e il Novecento sono stati i secoli del grande progresso tecnologico, con invenzioni che hanno accelerato enormemente lo scambio di informazioni, testi, suoni e immagini.

I moderni mass-media, come la radio e la TV, hanno svolto una funzione fondamentale nello sviluppo culturale di quasi tutti i Paesi del mondo, sconvolgendo i tradizionali rapporti spazio-temporali e aprendo la strada alla globalizzazione. Ma molti detrattori videro nella nascita della televisione uno strumento di perversione culturale, e nemmeno i mass-media erano esenti da manipolazioni e falsità, come nel caso della radio che, durante la seconda guerra mondiale, divenne strumento di attacco psicologico alle popolazioni nemiche e di propaganda tra gli alleati.

Le emittenti radio-televisive, una volta finite nelle mani private dei grandi gruppi industriali, continuarono a influenzare e a manipolare l’opinione pubblica, sia per motivi commerciali che politici, come l’Italia ha potuto sperimentare di recente.

Invenzioni come la posta, il telegrafo, il telefono, allargarono la platea degli utenti e degli artefici della comunicazione, prima dell’esplosione avvenuta coi computer e con internet. E anche computer e internet erano nati come strumenti militari in mano a pochi, come d’altronde i satelliti e il GPS, utilizzati oggi quotidianamente da tutti.

Il progenitore dei computer fu elaborato da Babbage nel 1823, ma è solo dal progetto Arpanet del 1969 che si può datare l’inizio dell’era informatica. La posta elettronica nacque nel 1971 mentre internet cominciò a diffondersi in maniera capillare solo dal 1997. Da allora le possibilità di comunicare e la quantità di informazioni disponibili in rete hanno continuato a crescere in modo esponenziale, con la nascita di colossi informatici come Google, Twitter e Facebook. Ci avviciniamo a quel paradosso dell’infinito che Jorge Luis Borges definì “la biblioteca di Babele”.

(3 – continua)