Un bell’ambiente (1)

FridaysForFuture

FridaysForFuture

Non ereditiamo la terra dai nostri antenati,

la prendiamo in prestito dai nostri figli

(proverbio dei Nativi americani)

La settimana scorsa Venezia è stata invasa da quasi due metri di acqua alta, nuovo record da oltre mezzo secolo, con gravi danni alla città e ai suoi monumenti. Negli stessi giorni, i Sassi di Matera si sono trasformati in torrenti impetuosi, mentre mezza Italia veniva travolta dalle alluvioni. Paurosi incendi hanno devastato intere regioni in California e in Australia. Un anno fa, di questi tempi, una violenta mareggiata, con onde alte fino a dieci metri, distruggeva il porto di Rapallo, in Liguria, mentre pochi giorni dopo la “foresta dei violini” di Belluno veniva rasa al suolo da raffiche di vento fino a 180 km/h. Si è parlato di “tempo impazzito”, di “emergenza meteo”. Non sono altro però che le conseguenze sul clima delle attività umane. E non si tratta più di emergenze, ormai, ma di fenomeni sempre più frequenti.

Se ne sta parlando molto, ma il cambiamento climatico è diventato ormai un argomento quotidiano soprattutto per le scuole e per le giovani generazioni grazie all’attivismo della studentessa Greta Thunberg. Questa sedicenne svedese aveva deciso che ogni venerdì non sarebbe più andata a scuola e si sarebbe invece seduta davanti al Parlamento del suo Paese, con un cartello con la scritta “sciopero della scuola per il clima”. Greta è diventata un simbolo per migliaia di studenti di vari Paesi, che seguono il suo esempio marciando e portando avanti gli “scioperi per il clima”.

Non solo in Europa, anche oltre l’Atlantico, nonostante l’insensibilità di Trump, i timori legati all’inquinamento, allo spreco di risorse, alle emissioni di gas serra e in generale agli effetti dei mutamenti climatici sono sempre più diffusi.

“Dite di amare i vostri bambini ma state distruggendo il loro futuro” è scritto sul cartello esposto da una bambina e condiviso su Twitter da Alexandria Ocasio-Cortez, la più giovane parlamentare di sempre del Congresso degli Stati Uniti.

Peraltro, la conferenza sul clima di Katowice (la “COP24”) di un anno fa si è conclusa con un accordo poco ambizioso. Ci sono stati buoni propositi ma pochi impegni vincolanti, nonostante gli allarmi degli scienziati. Sono stati decisi i criteri con cui misurare le emissioni di anidride carbonica e valutare le azioni dei singoli Paesi nel contrasto al cambiamento climatico. La dichiarazione finale ha ribadito la richiesta di aggiornare gli impegni entro il 2020, già formulata a Parigi nel 2015. Tutto rinviato dunque all’anno prossimo, quando i governi presenteranno (forse) piani climatici più rigidi. Provvedimenti quindi molto modesti, anche perché non hanno impegnato in alcun modo gli USA, secondo Paese più inquinatore del mondo dopo la Cina, visto che il loro presidente Trump si era sfilato dagli accordi, assumendosi una pesante responsabilità.

Vedremo se andrà meglio alla conferenza di Madrid, il prossimo mese, se si faranno passi concreti, o se resteranno ancora una volta solo i buoni propositi.

(1 – continua)