Rainer Maria Rilke – Elogio della solitudine

Rainer Maria Rilke – Elogio della solitudine

Solitudine

La solitudine è come la pioggia.
Si alza dal mare verso sera;
dalle pianure lontane, distanti,
sale verso il cielo a cui da sempre appartiene.
E proprio dal cielo ricade sulla città.
Piove quaggiù nelle ore crepuscolari,
allorché tutti i vicoli si volgono verso il mattino
e i corpi, che nulla hanno trovato,
delusi e affranti si lasciano l’un l’altro;
e persone che si odiano a vicenda
sono costrette a dormire insieme in un letto unico:
è allora che la solitudine scorre insieme ai fiumi.
Rainer Maria Rilke – Parigi 21 september 1902
da “Il libro delle immagini”, in “R. M. Rilke, Poesie. 1895-1908”, vol. I, Einaudi–Gallimard, Biblioteca della Pléiade, Torino, 1994

In questa poesia l’uomo cerca una consolazione, un’arma di difesa contro la “pioggia” fitta. Ecco che allora la delusione e lo sgomento inducono a rintracciare negli altri ciò che manca in noi stessi.
L’unione che ne deriva, ci dice Rilke, nasce dalla necessità, dal bisogno opprimente di sentirsi meno soli. E da questa necessità si origina l’inganno dell’amore. Pertanto da un tale legame non può che generarsi un senso ancor più pesante di solitudine.

Rainer Maria Rilke (Praga 1875 – Montreux 1926) è uno fra i più grandi poeti di lingua tedesca del novecento, famoso soprattutto per le Elegie Duinesi e per i Sonetti a Orfeo. Due eventi condizioneranno la sua vita e le sue opere: la separazione dei genitori durante l’adolescenza e la fine dell’Impero Austro-Ungarico. Rilke diventa un apolide inquieto, con la sensazione di non riuscire a sentirsi a casa in nessun luogo, con il nostalgico ricordo di Praga, la città dove è nato.
Nei suoi testi la solitudine è una compagna di vita, “poiché chi crea deve essere un mondo per sé e in sé trovare tutto, e nella natura sua compagna”.
In “Lettere a un giovane poeta” Rilke risponde al ventenne Franz Kappus che aspira ad essere un poeta, ma è combattuto tra l’aspirazione poetica e la prospettiva di una carriera militare, “C’è solo una solitudine e quella è grande e non è facile a portare e a quasi tutti giungono le ore in cui la permuterebbero volentieri con qualche comunione per quanto triviale e a buon mercato, con l’apparenza di un minimo accordo col primo capitato, col più indegno… Ma sono forse quelle le ore in cui la solitudine cresce; ché la sua crescita è dolorosa come la crescita dei fanciulli e triste come l’inizio delle primavere. Ma questo non vi deve sviare. Questo solo è che abbisogna: solitudine, grande intima solitudine. Penetrare in se stessi e per ore non incontrare nessuno, – questo si deve poter raggiungere. Essere soli come s’era soli da bambini, quando gli adulti andavano attorno impigliati in cose che sembravano importanti e grandi, perché i grandi apparivano così affaccendati e nulla si comprendeva del loro agire. E quando un giorno si scopre che le loro occupazioni sono miserabili, le loro professioni irrigidite e non più legate alla vita, perché non continuare come bambini a osservarle come cosa estranea, dalla profondità del proprio mondo, dalla vastità della propria solitudine…?”
Secondo Rilke anche nei rapporti d’amore è importante la solitudine. “Credo che sia questo il compito maggiore di un legame fra due persone: che ciascuno sia a guardia della solitudine dell’altro. Perché, se è nella natura dell’indifferenza e della folla non apprezzare la solitudine, l’amore e l’amicizia ci sono proprio allo scopo di offrire continuamente la possibilità di solitudine. e sono vere condivisioni soltanto quelle che interrompono periodicamente periodi di profondo isolamento (…)”. “L’amore consiste in questo, che due solitudini si proteggono a vicenda, si toccano, si salutano (…)”.
“La solitudine, che si accompagna al silenzio tanto caro al poeta, è dunque necessaria anche quando si ama, in quanto tempo di attesa e di maturazione. L’amore, secondo Rilke, è l’opera suprema di cui le altre non sono che la preparazione (…). Il dono di sé, l’abbandonarsi a un altro non è quindi il punto di partenza dell’amore, ma il suo approdo…” (Raffaela Fazio, “SILENZIO E TEMPESTA”, POESIE D’AMORE, Marco Saya edizioni, 2019). Infatti, come afferma il poeta, “Un essere umano che ama un altro; questo è forse il più difficile tra tutti i compiti, quello definitivo, l’ultimo esame e prova, il lavoro per il quale tutti gli altri lavori altro non sono che propedeutici.”

BIBLIOGRAFIA
1. “Il libro delle immagini”, in “R. M. Rilke, Poesie. 1895-1908”, vol. I, Einaudi–
Gallimard, Biblioteca della Pléiade, Torino, 1994.
2. R. M. Rilke, Lettere a un giovane poeta, tr. it. di L. Traverso, Adelphi, Milano, 2013.
3. Rainer Maria Rilke, SILENZIO E TEMPESTA, poesie d’amore, a cura di Raffaela Fazio,
Marco Saya edizioni, 2019.