Sylvia e Amelia Un giorno per l’addio

 

Sylvia e Amelia
Un giorno per l’addio

Oggi 11 febbraio ricorre l’anniversario della morte per suicidio di due grandi poetesse del novecento, Sylvia Plath (1963) e Amelia Rosselli (1996).
La data del suicidio scelta della Rosselli è probabilmente un volontario omaggio alla Plath.

Sylvia Plath (Boston 1932 – Londra 1963)
Poetessa e scrittrice statunitense, si stabilisce in Inghilterra nel 1956 in seguito al matrimonio con il poeta inglese Ted Hughes.
Nelle prime ore dell’11 febbraio 1963, Sylvia pone pane e latte accanto ai lettini dei suoi due bambini, apre la finestra della loro camera sigillando le fessure della porta con nastro adesivo, scende in cucina, si sdraia con la testa nel forno e apre il gas. Ha appena 31 anni quando decide di togliersi la vita ed è nel pieno della sua creatività artistica.
La fine traumatica dell’unione con il poeta inglese Ted Hughes, che lascia Sylvia per un’altra donna, è soltanto uno dei violenti episodi biografici che influiranno sulla sua indole autodistruttiva. La tragica vita di Sylvia è segnata dalla morte del padre quando ha appena 8 anni, da un primo tentativo di suicidio in età giovanissima, da cure con elettroshock, da un legame viscerale con il marito.
Questa è la sua ultima poesia.
Limite (Edge)

La donna ora è perfetta
Il suo corpo
morto ha il sorriso della compiutezza,
l’illusione di una necessità greca
fluisce nei volumi della sua toga,
i suoi piedi
nudi sembrano dire:
Siamo arrivati fin qui, è finita.
I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,
presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti
di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando il giardino
s’irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno.
La luna, spettatrice nel suo cappuccio d’osso,
non ha motivo di essere triste.
E’ abituata a queste cose.
I suoi neri crepitano e tirano.

(Sylvia Plath, 5 febbraio 1963)

Amelia Rosselli (Parigi 1930-Roma 1996)
Scrittrice e poetessa italiana, figlia dell’antifascista Carlo (il grande teorico del Socialismo Liberale, ucciso in Francia dai fascisti nel’37 assieme al fratello Nello), vive in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Italia. Il trauma per la fine brutale del padre e dello zio la tormenterà per tutta la vita e contribuirà in modo determinante ai disturbi mentali ed agli esaurimenti nervosi che le causeranno ripetuti ricoveri in clinica.
Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Roma, in una casa di via del Corallo, dove muore suicida l’11 febbraio 1996. Lo stesso giorno in cui Silvia Plath, che la Rosselli traduce e ama, e sulla quale scrive diverse pagine critiche, si toglie la vita 33 anni prima.
«Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai com’è fatto forse non hai più bisogno di scrivere. Per questo tanti poeti muoiono giovani o suicidi» (Intervista a Sandra Petrignani, 1978).

Perdonatemi perdonatemi perdonatemi
vi amo, vi avrei amato, vi amo
ho per voi l’amore più sorpreso
più sorpreso che si possa immaginare.
Vi amo vi venero e vi riverisco
vi ricerco in tutte le pinete
vi ritrovo in ogni cantuccio
ed è vostra la vita che ho perso.
Perdendola vi ho compreso perdendola
vi ho sorpresi perdendola vi
ritrovo! L’altro lato della pineta
era così buio! solitario! rovinoso!
Essere come voi non è così facile;
sembra ma non lo è sembra
cosa tanto facile essere con voi ma
cosa tanto facile non è.
Vi amo vi amo vi amo
sono caduta nella rete del male
ho le mani sporcate d’inchiostro
per amarvi nel male.
Cristo non ebbe così facile disegno
nella mente tesa al disinganno
Cristo ebbe con sé la spada e la guaina
io non ebbi alcuna sorpresa.
Candore non v’è nei vostri occhi
benevolenza era tanto rara
scambiando pugni col mio maestro
ma v’avrei trovati.
Vi amo? Vi amerei? Tante cose
nel cielo e nel prato ricordano
amore che fugge, che scappa
dietro le case.
Dietro ogni facciata vedere quel
che mai avrei voluto sapere; dietro
ogni facciata vedere
quel che oggi non v’è.