La complessità dei nostri sistemi ci porterà all’inferno?

La sdraio

L’anno scorso di questi tempi avevo appena finito di vedere The Good Place, una serie tv americana comedy, niente di eccezionale, anzi. Difficile parlarne senza rischiare di spoilerare il finale, ma diciamo che il succo è che c’è un Good Place, il paradiso, e un Bad Place, l’inferno. Mentre quest’ultimo è popoloso come una metro di Pechino nell’ora di punta, il paradiso rimane semi vuoto, come il concerto dell’amico dell’amico dove ti trascinano il Martedì sera. Questo perché?

Perché il metodo di smistamento delle anime post mortem non è altro che un conteggio di voti, come se la vita fosse un talent: otteniamo dei punti quando le nostre azioni sono altruiste ed hanno conseguenze positive, mentre ci vengono sottratti quando abbiamo ripercussioni negative sul mondo che ci circonda.

Perché quindi pochissimi negli ultimi 500 anni sono riusciti a raggiungere il Good Place, il paradiso? Qui la serie tira fuori una questione interessante, la complessità del nostro sistema neocapitalista. Infatti: se tale Giovanni nel 1667 ha regalato dei fiori alla nonna rendendola felice e ha guadagnato dei punti, perché un altro Giovanni di tre secoli dopo ottiene invece un punteggio negativo facendo la stessa azione?

La risposta sta nel sistema. Perché i fiori che il tal Giovanni contemporaneo ha regalato alla nonna sono stati colti da una donna immigrata da un Paese reso povero dall’inasprimento delle regole di mercato, una donna senza diritti, probabilmente sottopagata e sfruttata. Perché queste belle peonie sono state poi incartate in un polimero che si degraderà in 500 anni, smaltito impropriamente nella più grande discarica a cielo aperto del mondo: il mare. La nonna riceverà questi fiori direttamente a casa grazie ad un fattorino di Glovo, che ha rischiato la vita in bici su strade dissestate per pochi euro e zero garanzie.

Il pensiero rimane lo stesso ed è a fin di bene: Giovanni regala alla nonna dei fiori, eppure quello che resta dell’atto è essenzialmente distruttivo.

Questo concetto è stato analizzato da John Thackara in un libro chiamato In the Bubble, che ormai risale ai primi 2000. Thackara, Professore del MIT, ci spiega come la complessità dei nostri sistemi non ci permette di prendere decisioni consapevoli in qualità di esseri sociali-produttori-consumatori. Pur sembrando un pensiero banale, spesso si rischia di cadere in delle vere e proprie trappole: ad esempio evitare di comprare alimenti dal packaging in plastica per poi prendere i pomodori km.0, magari biologici, ma cresciuti in serra, sta ugualmente alimentando il buco dell’ozono e non ci farà andare in paradiso.

Viene sollevato quindi il punto che è al centro di accesi dibattiti con amici di tutta Europa: come faccio ad essere coerente con i miei principi in un mondo così complesso?

Fino ad adesso le risposte sembravano confluire verso l’autoisolamento dalla globalizzazione, ossia la vita comunitaria al di fuori delle regole imposte dal consumo. Come ad esempio i famosi ecovillaggi, comunità autosufficienti basate sull’agricoltura e l’uso di energie rinnovabili teorizzate dall’ecologo australiano David Holmgren e poi messe in pratica con successo in tutto il mondo. Oggi in Italia, secondo la Rive – Rete italiana villaggi ecologici, ce ne sono una ventina, altri sedici in costruzione e ventidue progetti attivi.

Tuttavia in primo luogo spesso non ci possiamo permettere né siamo disposti a mettere in discussione tutti gli aspetti della nostra vita metropolitana attuale, inoltre, per la salute del globo e degli esseri viventi che lo abitano, sarebbe meglio un cambio anche meno radicale ma più generalizzato.

Sicuramente ciò che sta accadendo in questo momento, con l’incidenza del Covid-19 sul nostro sistema finanziario, rappresenta forse la prima grande occasione dal dopoguerra per riprogettare la produzione e il consumo in modo globale o quanto meno è auspicabile una presa di coscienza maggiore.

Che possiamo fare noi nel frattempo?

Ripensare il nostro vivere, ragionare sul nostro modo di consumare ed essere consapevoli del ruolo che abbiamo di produttori e fruitori, in che modo purtroppo non lo so, ma sicuramente prima di finire all’inferno😊!