Pasturo ricorda Antonia Pozzi a 110 anni dalla nascita

 

 

Pasturo ricorda antonia pozzi a 110 anni dalla nascita

 

Oggi, 13 febbraio, ricorrono 110 anni dalla nascita di Antonia Pozzi (13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938). La poetessa ha scelto Pasturo come “luogo dell’anima” e qui ha voluto essere sepolta. A Pasturo, dove giunge per la prima volta a soli sei anni, scrive moltissime delle sue poesie perché, nel silenzio della sua stanza, dei prati, dei boschi, sotto lo sguardo vigile e materno della Grigna, trova l’ispirazione e la pace per tradurre in parole le emozioni, diventa il laboratorio della sua poesia.
E Pasturo ricorderà l’anniversario della nascita della sua amata poetessa con alcuni eventi significativi.
Evento centrale e pubblico il 14 maggio alle 15.30, sarà l’incontro con le parole di Antonia Pozzi al cineteatro Bruno Colombo, col patrocinio del Comune di Pasturo. Intervengono Onorina Dino (curatrice degli scritti di Antonia Pozzi), Graziella Bernabò (autrice di Per troppa vita che ho nel sangue), Marco Dalla Torre (autore di Antonia Pozzi e la montagna) e Davide Puccini (autore e critico letterario).
Inoltre, a partire dalla prossima primavera, saranno organizzate visite guidate al paese e alla casa della poetessa.

Antonia nasce nel 1912 a Milano. I suoi genitori sono l’avvocato Roberto Pozzi, di origini modeste, che ha perso il padre e la sorella minore per suicidio, e la contessa Lina, primogenita del conte Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana. Antonia cresce nell’ambiente colto e raffinato della “Milano bene”, ma apprezza solo le serate alla Scala dove si lascia trasportare dalla musica che ama.
Ai salotti borghesi preferisce la natura, soprattutto quella incontaminata di Pasturo, qui scrive gran parte delle sue poesie, la natura diventa per lei rifugio e ispirazione “per un’ebbra ed inconscia frenesia di contatti selvaggi con la terra”. E nella natura decide di morire, quel 2 dicembre del 1938, quando viene ritrovata agonizzante nei campi innevati presso l’abbazia di Chiaravalle, dopo aver ingerito un intero barattolo di barbiturici. Nella lettera di addio scritta ai genitori, chiede di essere sepolta a Pasturo, “sotto un masso della Grigna, fra cespi di rododendro”. “Mi ritroverete in tutti i fossi che ho tanto amato”, aggiunge, “e non piangete, perché ora io sono in pace.”
Ha quindici anni Antonia quando inizia a scrivere poesie e a dedicarsi alla fotografia, «Vivo della poesia come le vene vivono del sangue», scrive, «la poesia ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci rimbalza nell’anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell’arte, così come sfociano i fiumi nella celeste vastità del mare».
E’ il 1927, Antonia frequenta la prima liceo al  Manzoni di Milano e  si innamora del suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, di diciotto anni più grande. Cervi non è un docente qualunque, in una lettera all’adorata nonna Nena, la Pozzi  lo descrive come “una gran fiamma dietro una grata di nervi, un’anima purissima anelante a sempre maggiore purezza”. Sarà un amore tanto intenso quanto tragico, perché ostacolato con tutti i mezzi dal padre e che vedrà la fine nel 1933 con la rinuncia a La vita sognata:

(…)
oh per averti sognata,
mia vita cara,
benedico i giorni che restano –
il ramo morto  di tutti i giorni che restano,
che servono per piangere te.
 (25 settembre 1933)

In Ricongiungimento scrive

“Se io capissi
quel che vuol dire
– non vederti più –
credo che la mia vita
qui – finirebbe.

 Ma per me la terra
è soltanto la zolla che calpesto
e l’altra
che calpesti tu:
il resto
è aria
in cui – zattere sciolte – navighiamo
a incontrarci.

In realtà Antonia non incontrerà più Cervi, anche se lui resterà per tutta la vita legato a lei, ogni anno andrà a Pasturo a lasciare sulla sua tomba  un mazzo di garofani rossi e un biglietto ‑ All’adorata Antonia, il suo Antonello. Anche il giorno prima di morire sarà lì, nel 1966.
Avrà altri amori l’Antonia, Remo Cantoni e Dino Formaggio. ma non saranno mai corrisposti come lei vorrebbe.
A ventisei anni si toglie la vita, è il dicembre del 1938. Nel suo biglietto di addio ai genitori parla di «disperazione mortale». La sera prima ha avuto l’ennesima delusione dal suo amore del momento, Dino Formaggio, che non vuole sposarla. Inoltre avverte  il cupo clima politico italiano, le leggi razziali del 1938 colpiscono alcuni dei suoi amici più cari, «forse l’età delle parole è finita per sempre», scrive a Sereni.
La famiglia ha sempre negato la circostanza «scandalosa” del suicidio attribuendo la morte a polmonite. Il testamento della Pozzi viene distrutto dal padre che manipola anche le sue poesie scritte su quaderni e allora tutte inedite. “Parlava e scriveva spesso della morte con un prodigioso possesso lirico dell’idea, come accade ai futuri poeti suicidi, come accadde a Pavese” (Maria Corti).
Ignorata in vita viene scoperta solo dopo la sua morte con la raccolta Parole del 39’ (riconoscimento  di Montale), ma la vera rivalutazione di Antonia Pozzi inizia alla fine degli anni ottanta con la progressiva pubblicazione sia dei testi inediti sia della versione originale di quelli manipolati dal padre. “Ne è derivata una visione della poesia della Pozzi notevolmente più ricca di quella che si poteva ricavare dalle prime raccolte (…), ma anche e soprattutto quegli aspetti che, nel panorama letterario italiano della sua epoca, la fanno apparire come un’esperienza autonoma e per certi versi, unica”. (Graziella Bernabò)

Bibl.:

Antonia Pozzi, Parole, Ed. Ancora
Antonia Pozzi, Guardami sono nuda, Ed. Clichy
Antonia Pozzi, Tutte le opere, Ed. Garzanti
Paolo Cognetti, L’Antonia, Ponte alle grazie, 2021