È tutto un complotto (2)

Verità sconvenienti

Verità sconvenienti

A monte del negazionismo e del complottismo c’è qualcosa che richiama un po’ quelle origini, una tendenza a ricondurre ciò che succede intorno e non riusciamo a spiegarci ad un’azione deliberata, all’intenzione di qualcuno; ma anche una tendenza a semplificare questioni complesse, cercando spiegazioni facili e lineari. Se non si trovano spiegazioni, o quelle disponibili sono troppo complesse, allora se ne producono di semplici. Un bisogno psicologico di avere in qualche modo il controllo della realtà.

Vedere ovunque complotti ci assolve anche dalle nostre responsabilità, ci esenta dall’impegno politico e sociale: se siamo convinti che il mondo sia retto da società segrete, dai vari Bilderberg, Deep State, Soros o chicchessia, che cospirano per un “nuovo ordine mondiale”, che cosa possiamo fare noi poveri mortali? Solo protestare.

Le teorie cospirative sono in realtà più dannose per i cittadini di quanto possa sembrare: sviano l’opinione pubblica, indirizzandola verso pericoli immaginari e distraendola dalle minacce vere. Anziché complottare e intrigare, il potere autoritario e tutte le dittature hanno sempre cercato piuttosto di prevenire e punire ogni forma di pensiero. Il pensiero, le libere opinioni, sono sempre state viste con sospetto dai regimi autoritari, considerate ancora più pericolose delle aperte ribellioni, delle manifestazioni violente.

Verrebbe quasi da pensare che non ci sia niente di più trasparente dei veri complotti e intrighi, dato che quelli veri vengono orditi per ottenere risultati che quindi a un certo punto vengono raggiunti. Lo stesso vale per i segreti, mantenuti per obiettivi che giungono prima o poi alla luce. Più prima che poi, specialmente quando sono in tanti a conoscerli, visto che spesso sono svelati da “gole profonde”. Dietro a un segreto, a un complotto, c’é sempre qualcuno interessato a venirne a conoscenza, così come c’è sempre qualcuno pronto a rivelarlo, spontaneamente, per gloria personale, o per interesse. Solo un ingenuo può credere che non esistano ricompense adeguate a indurre qualcuno a svelare prima o poi un segreto.

I complotti reali, una volta smascherati, finiscono sui giornali e sui libri di storia. Le teorie del complotto, invece, alludono a retroscena mai portati alla luce, a questioni irrisolte, come se i presunti complottisti non facessero mai un passo falso, mai un incidente di percorso. Surreale ancor prima che irreale, soprattuto per i grandi complotti “planetari”.

Ci sono stati avvenimenti straordinari, eventi storici che hanno impressionato, emozionato ma spesso anche angosciato gli abitanti del pianeta. In molti vi hanno visto delle regìe nascoste che operavano dietro le quinte. Come lo sbarco americano sulla Luna del 1969, al centro di sospetti di falso. Se fosse stata davvero una messinscena i sovietici – accerrimi rivali degli americani nella corsa allo Spazio – avrebbero avuto tutto l’interesse a smascherare la finzione e avrebbero potuto assoldare qualche spia o traditore fra tutte le figure coinvolte nel programma Apollo della NASA, tra Houston e Cape Canaveral (tecnici, informatici, scenografi che avrebbero simulato l’ambiente lunare…). Eppure non è mai saltato fuori neanche uno straccio di testimonianza o di prova che smentisse lo sbarco. Tanto più che altri sbarchi lunari di missioni Apollo si sono susseguiti nei successivi tre anni.

E nell’attacco alle Torri Gemelle del settembre 2001, anch’esso a sua volta sotto “attacco” da parte di negazionisti e complottisti, quante persone si sarebbero dovute coinvolgere nella congiura? Per sviare le forze di sicurezza, per nascondere prove, per tenere i contatti con gli attentatori, per imbottire le torri di esplosivo, per organizzare insomma il tutto? Centinaia, forse migliaia di persone. Possibile che in vent’anni nessuno abbia mai confessato, magari dietro una cospicua somma, o fatto neppure un passo falso, lasciando scoprire una prova del complotto?

(2 – Continua)