La prima e l’ultima (3)

Chi è l'ultimo?

Chi è l’ultimo?

Arrivò poi il giorno in cui dovetti abbandonare per sempre il mio rifugio, il mio pianoforte, i miei fantasmi e la mia nave immaginaria. Ma era per salire su una vera nave – possibilmente senza tempesta: dovevamo trasferirci in Italia. Avevo allora cinque anni, ero già abbastanza grande, ma non avevo alcuna idea di cosa fosse né di dove fosse l’Italia. Dall’altra parte del mare, mi dissero i genitori, dove saremmo andati con una grande nave, un transatlantico. Con un grande balzo nello spazio-tempo dei miei ricordi.

Furono quelle per me le prime esperienze registrate e impresse nella memoria. Da allora in poi tante altre prime volte si sono succedute, dal primo giorno di scuola (con l’ingresso in classe dalla finestra, in braccio alla maestra… ma ne parlerò un’altra volta) alla mia prima partita ufficiale di calcio, dal primo bacio a una ragazza, alla prima guida di un’automobile…

Ci sono tante prime volte nel corso della nostra vita; si dice anzi che ogni giorno, per tutta la vita, si dovrebbe fare qualcosa “per la prima volta”, per non assuefarsi alle consuetudini quotidiane, per mantenere il cervello sempre elastico e prevenire la senilità. Spostare ogni tanto i mobili e le suppellettili di casa, cambiare i percorsi abituali, variare gli orari, intraprendere attività diverse… Facile a dirsi, ma poi nella pratica l’abitudine riprende il sopravvento e ci adagiamo di nuovo nella nostra quotidianità.

Chissà quando è stata l’ultima volta che ho fatto qualcosa per la prima volta? Poco a poco iniziano ad arrivare anche le “ultime” volte, anche se di queste non ci rendiamo conto nella maggioranza dei casi. Quasi mai, direi. Questo concetto di “ultimo” mi venne in mente un giorno di primavera del 2005, in occasione dell’elezione al soglio pontificio del Cardinal Ratzinger, eletto Papa col nome di Benedetto XVI. Si parlava in casa dei nomi scelti dai vari pontefici, e si citavano tra gli altri i due predecessori di Ratzinger, Giovanni Paolo Primo e Giovanni Paolo Secondo. Mia figlia di quattro anni, pensando forse che si trattasse dell’ordine di arrivo di una gara, all’improvviso domandò: “E chi era Giovanni Paolo Ultimo?”

La cosa suscitò grande ilarità sul momento ma, ripensandoci successivamente, quell’aggettivo “ultimo”, inserito in un indefinito contesto temporale, mi creò un leggero turbamento, facendomi riflettere sul quel concetto. Spesso si sa chi o che cosa è ultimo: in una gara conosciamo il nome di chi si è classificato all’ultimo posto; vediamo chi sta in fondo a una lista o in coda a una graduatoria; quando entriamo in una sala d’aspetto affollata chiediamo “chi è l’ultimo?” per sapere quando è il nostro turno.

(3 – Continua)