Parlare, scrivere e… riscrivere (2)

Perdere il filo. Oppure no.

Perdere il filo. Oppure no.

Di esempi di scrittori prolifici ma timidi e introversi che non amavano parlare ne abbiamo a iosa. Tra essi ricordiamo Agatha Christie, Emily Dickinson, J. D. Salinger… Ma la Storia è piena anche di oratóri e abili parlatori che invece non hanno mai scritto: pensiamo a tanti filosofi e profeti, allo stesso Gesù di Nazareth che ha raccolto milioni di seguaci con i suoi discorsi e le sue parabole, senza aver mai lasciato nulla di scritto.

La scrittura non è la semplice trasposizione del parlato sulla carta, ma qualcosa di più complesso, il risultato di un pensiero più strutturato del discorso orale. Ne è la prova il fatto che quando si scrive si sta zitti, che la scrittura pretende silenzio. Questa differenza tra parlare e scrivere, tra conversazione e scrittura, è dovuta al fatto che la parola ha una storia evolutiva molto più antica: gli uomini preistorici già comunicavano verbalmente decine, se non centinaia di migliaia di anni fa, mentre la scrittura e la lettura sono prodotti dell’evoluzione tecnica della cultura umana, risalenti soltanto a poche migliaia di anni fa. Di conseguenza il parlare e lo scrivere si trovano a stadi di sviluppo molto diversi, a livello cerebrale. Ma la loro differenza è dovuta anche al fatto che la nostra mente spesso perde il filo, si distrae, alterna i pensieri con periodi di inattività e di riposo, durante i quali non siamo “in noi”, non siamo del tutto presenti, come quando guardiamo passivamente il soffitto o le nuvole.

I ritmi della conversazione non permettono questi tempi morti, la presenza degli interlocutori ci impone di rispondere sempre e subito. Quante volte, ripensando a una discussione avuta, mi pento di qualche sciocchezza che ho detto o, più spesso, rimpiango di non aver risposto o ribattuto con argomentazioni e parole più efficaci che mi sono venute in mente dopo, ormai troppo tardi!

Quando si parla, si può iniziare una frase che non si sa poi come chiudere, si improvvisa, spesso ci si confonde. La scrittura è invece un estratto della discontinua attività mentale, delle sue prestazioni più vitali; si tratta di una selezione di momenti ispirati che possono aver richiesto molti ripensamenti e anche lunghi periodi passivi, guardando al soffitto.

Parlando ci si rivolge sul momento e direttamente a qualcuno disposto più o meno all’ascolto, mentre la scrittura si elabora in solitudine, senza interlocutori esterni, cercando però – quando sarà – di stabilire coi lettori motivati un rapporto possibilmente duraturo nel tempo.

(2 – Continua)