La poesia terapia dell’anima

La poesia, composta in sonetti, in rima o in versi liberi è la più spontanea e profonda narrazione dell’anima.
Utilizzata sin dall’antichità come forma preferita per esprimere emozioni personali e sociali, è diventata nei secoli oggetto di studio per lo sviluppo di metodi d’aiuto in presenza di disagi e sofferenze psico-fisiche.
Già alcuni sciamani e stregoni del periodo preistorico usavano canti ritmici per aiutare i malati delle tribù. Canti egiziani 4000 anni avanti Cristo erano scritti sui papiri ed ingeriti dai pazienti per avere un effetto immediato dal potere delle parole. Anche nella Bibbia si menziona l’uso di poesia e musica da parte di David per calmare il cuore selvaggio di re Saul. Senza dimenticare che nell’antica Grecia, Apollo riuniva, come divinità, la poesia e la medicina e Aristotele, nella sua Poetica, introdusse la teoria della catarsi che verrà ripresa sia in psicoterapia sia in ambito teatrale ed artistico. Il primo poeta terapeuta, il medico romano Soranus, nel primo secolo dopo Cristo trattò i disturbi mentali facendo recitare i suoi pazienti con degli scritti in forma poetica.
Nel ventesimo secolo Freud era convinto della similarità tra sogni e poesia come collegamenti con l’inconscio. Nel 1959, finalmente nasce un programma di Poetry Therapy nella divisione psichiatrica dell’ospedale Cumberland, a Brooklyn, New York.
Da quel momento verrà inserita tra le branche dell’Arte Terapia.
Scrivere può aiutare a guarire? Le parole possono consolare e aprire a nuove prospettive. Chi si libera dai propri pesi dell’anima scrivendo si sente alleviato e inizia ad acquisire chiarezza. È tuttavia possibile guarire da malattie gravi liberandosi l’anima leggendo o scrivendo? Degli studi americani hanno dimostrato che dolori cronici possono essere alleviati dalla Poesia. Anche lo stato fisico di malati di cancro o malati di cuore ha goduto di giovamento a lungo termine grazie allo scrivere.
Il linguaggio poetico, inoltre, interpella le funzioni dell’emisfero destro del cervello, il luogo deputato per eccellenza al pensiero creativo e le cui associazioni non si formano in modo lineare, ma a rete. Qui non esiste grammatica o sintassi, solo poche parole concentrate che riescono a trasmettere in chi le ascolta emozioni forti in cui rispecchiarsi contemplando il mondo con gli occhi dell’anima.
Quel mondo che resta per la maggior parte inesplorato diventa improvvisamente visibile: malinconia, paura, nostalgia, ma analogamente passione, illusione, amore, desiderio, un insieme di pensieri ed emozioni, di presente e passato, di interiore ed esteriore diventano nuovi spazi per entrare in contatto con se stessi.
L’applicazione della poesia come terapia è molto semplice; si tratta di ricercare dei momenti quotidiani di scrittura, lettura o ascolto.
Tra gli autori da leggere possiamo citarne alcuni come Alda Merini, Vivian Lamarque, Antonia Pozzi, Emily Dickinson, Elizabeth Barrett Browning.
La poesia diventa così una forma di autocura perché riesce a circoscrivere il proprio stato d’animo, ad accettarlo e a trasformarlo in linguaggio poetico, facendo sì che i sentimenti negativi non facciano più sentire il male di vivere.
Scrivere poesie è un gesto nostro, un atto creativo al quale ci aggrappiamo “come alla salvezza di un corrimano” dell’ultima strofa di “Ad alcuni piace la poesia” della poetessa Wislawa Szymborska:

“La poesia.
Ma cos’è mai la poesia?
Più d’una risposta incerta
È stata già data in proposito
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
Come alla salvezza di un corrimano”.