il coraggio di Noa

La sdraio

Scuote l’opinione pubblica e i giornali italiani riportano la notizia in prima pagina: una diciassettenne olandese si è rivolta al tribunale per mettere fine alla sua vita. Era malata di depressione, una depressione strisciante e  violentissima che l’aveva costretta da tempo a non avere più nessuna voglia di vivere.

E’ una storia dolorosissima quella di Noa Pothoven, che ci obbliga a riflettere.

Noa era di Arnhem, cittadina graziosa quasi al confine con la Germania, e in Olanda la qualità della vita è di solito migliore di quella di qualsiasi altro posto nel mondo. Noa però da ragazzina – a 11 anni la prima volta – aveva subito violenza sessuale, più d’una purtroppo e in tre diverse occasioni. L’ultima volta non l’aveva nemmeno denunciata, per vergogna, per sfinimento.

Uno stupro non è solo una violenza fisica, è anche un colpo terribile alla propria integrità mentale. Non è un caso che esistano da tempo team antiviolenza formati da psicologi e assistenti sociali, non è un caso se le donne – e gli uomini – che subiscono violenza sessuale impiegano anni a recuperare la pace, e a volte non ci riescono mai, per tutta la vita. Non è un caso se nelle prigioni più bestiali è lo stupro l’arma si sottomissione, o se lo stupro etnico (e purtroppo anche quello delle forze di occupazione, fossero anche “liberatori”) è praticato in tutte le latitudini. Lo stupro assoggetta, toglie in qualche modo l’identità.

E’ quello che dev’essere successo a Noa, che, nonostante il sostegno della famiglia, degli amici, nonostante quella che a suo tempo sembrò una delle vie verso la guarigione – la pubblicazione di Winnen of leren (Vincere o imparare), il libro sulla sua storia – non ha retto più. L’Olanda le ha concesso il suicidio assistito – (è possibile in quel paese fin dai 12 anni avere la facoltà di chiedere – e ottenere – l’eutanasia).

Ora tutti discutono sulla decisione degli organi deputati a concedere un permesso così a una ragazzina che avrebbe avuto, secondo un’ottica comune, tutta la vita per riprendersi. Certo che dopo tre stupri non devi avere una gran fiducia nel mondo e negli esseri umani e i suoi post parlano chiaro: anni di dolore, sofferenza, buio pesto.

Forse, invece di discutere sulla legge olandese, sarebbe meglio fare il punto sulla condizione di chi è troppo spesso in pericolo: le ragazzine, i bambini, le donne, sulla cui pelle personalità in crisi cercano di risolvere problemi profondi o semplicemente si mettono in atto i mostruosi giochi di potere del branco.

E’ su questo che sarebbe meglio fermarsi a pensare: vanno trovate strade di educazione alle emozioni e ai sentimenti, perché il potenziale stupratore che potrebbe albergare in ogni essere umano riesca a comprendere i propri impulsi e le proprie insicurezze.

E auguriamo alla povera Noa, distrutta nel corpo e nell’anima, di avere scelto per il meglio e di essere adesso in un luogo/non-luogo migliore di quello che ha deciso volontariamente di lasciare.