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Mario Luzi (Castello di Firenze, 1914 – Firenze, 2005)
Nulla di ciò che accade e non ha volto
Nulla di ciò che accade e non ha volto
e nulla che precipiti puro, immune da traccia,
percettibile solo alla pietà
come te mi significa la morte.
Il vento ricco oscilla corrugato
sui vetri, finge estatiche presenze
e un oriente bianco s’esala
nei quadrivi di febbre lastricati.
Dalla pioggia alle candide schiarite
si levano allo sguardo variopinto
blocchi d’aria in festevoli distanze.
Apparire e sparire è una chimera.
È questa l’ora tua, è l’ora di quei re
sismici il cui trono è il movimento,
insensibili se non al freddo di morte
che lasciano nel sangue all’improvviso.
Loro sede fulminea è qualche specchio
assorto nella sera, ivi s’incontrano,
ivi si riconoscono in un battito.
Sei certa ed ingannevole, è vano ch’io ti cerchi,
ti persegua di là dai fortilizi,
dalle guglie riflesse negli asfalti,
nei luoghi ove l’amore non può giungere
né la dimenticanza di se stessi.