Lezioni di distanza

Si può stare a distanza. Anzi, a dire il vero, meglio una distanza fisica, vera, concreta, piuttosto che tutti quegli abbracci e baci comminati a chicchessia, tutti quei “cara” “caro” che imperversavano fino a qualche giorno fa. Alcuni,  per fortuna, autentici, ma sentirsi appellare con un “cara” da un quasi sconosciuto, leggere in una mail di lavoro collettiva “abbracci” o “baci”, mi è sempre suonato un po’ eccessivo. Come se,  nel lungo periodo che ha condotto poi a questa pandemia, ci si fosse sporti un po’ troppo avanti, come se tutta quella virtualità avesse portato poi a togliere il contenuto, a privare di significato anche i gesti di vicinanza, d’affetto, d’amore.

Forse un po’ di silenzio, di solitudine può persino aiutarci a rivedere qualche passaggio oscuro o nodale della nostra esistenza. A un certo punto della vita abbiamo fatto uno sgarbo o ne abbiamo ricevuto uno che non si stacca dalla memoria. E adesso che siamo nel chiuso delle nostre mura casalinghe, eccolo là che riappare, fantasma odioso. Viene voglia di chiedere spiegazioni, o di darne. Questo è il momento, potrebbe essere l’occasione, ma meglio usare il condizionale, perché – attenzione! –  non è detto che un chiarimento preteso e dato adesso, sia del tutto in sicurezza. Un tentativo, inizialmente timido, si può fare.

Insomma, si può stare a distanza. Soprattutto si deve. Ma con creatività.

Misurare la distanza da noi stessi, quello è un po’ più complicato. Proviamo a (ri)conoscerci, soprattutto quelli di noi che da tempo hanno smarrito le coordinate del proprio cuore. Sembra una cosa romantica e un po’ new age, ma troppo spesso corrisponde a pura (e dura) realtà.

Prima di fare una qualunque di queste possibili azioni per mantenere la distanza richiesta, pregasi inforcare quegli occhiali rosa che dobbiamo aver ficcato da qualche parte qualche tempo fa. Ci sono. Cerchiamoli. Troviamoli. Cambiamo prospettiva. Non costa niente.

(occhiali rosa -2)