Indubbiamente, col passare dei giorni, se da un lato ci sentiamo più forti perché forse tutto questo diventerà tra un po’ solo un ricordo doloroso, dall’altro ci si sollevano dentro interrogativi sempre più imperiosi: come sarà dopo? Reggerà l’Italia quando sarà il momento di fare i conti? Siamo riusciti a cambiare un po’ il sistema? Quanto dovremo faticare per ottenere di nuovo quello che avevamo? Quanto dovrà soffrire ancora chi non aveva niente per essere accettato da chi ha di più, se quest’ultimo si sente ormai defraudato? Quanto abbiamo retto psicologicamente noi?
Non possiamo avere una risposta per tutto, quindi la modalità occhiali rosa ci impone di fare immediatamente una cernita. Possiamo rispondere solo per quello che ci riguarda. Ma siamo collegati agli altri, si obietterà, ed è proprio da questo che possiamo partire: quanto è cambiata in questa quarantena che si prolunga la mia relazione con gli altri?
Prima di tutto: chi sono “gli altri”? I parenti coabitanti? Quelli che “sento solo per telefono”? Gli amici? I vicini di casa? I colleghi di lavoro? Le persone che s’incontrano per la strada? Tutti questi e qualcuno di più…
Coi parenti coabitanti (compagni coniugi figli fratelli genitori) si sono fatti sforzi sovrumani per andare d’accordo, oppure si è scatenata l’ira repressa da decenni e finalmente si sono espresse tutte le rimostranze accumulate, e adesso le cose sono cambiate …. In meglio, se si è stati così saggi da usare la giusta misura di recriminazioni e assunzioni di responsabilità, e ci si è trovati di fronte un adulto con le stesse capacità di discriminare il troppo dal poco: questa quarantena, occhiali rosa o no, è servita, sta servendo. Insieme si può affrontare quel che succederà, cementati dalla convivenza forzata. Se è scoppiata la bolla in cui ci si era protetti, si può sempre rimediare usando la ragione, l’amore, la pacatezza. In casa questo genere di merce volatile non c’è e al supermercato non è in vendita… Qui gli occhiali rosa possono tornare utili per rivedere quella relazione parentale o amicale o amorosa dall’inizio riscoprendo il piacere e la gioia di averla costruita insieme all’altro. – Si costruisce anche con gli zii, con i figli, con i cugini: le relazioni sono tutte microcase in cui inserire il nostro e l’altrui ego, possibilmente di dimensioni umane.
Superato il problema coabitanti e dato per scontato che quando s’incontreranno di nuovo amici e parenti che non si vedono da settimane si sarà felici di scambiarsi opinioni e storie vissute, passiamo agli altri. Quelli che in questi tempi di coronavirus si sono evitati al primo apparire all’orizzonte, secondo le direttive di “almeno un metro di distanza”, quelli a cui è difficile persino sorridere, visto che la mascherina non permette con imemdiatezza di capire l’espressione del viso, quelli che fanno rabbia perché stanno troppo vicini, o perché invece scappano come vuole la regola, perché passano davanti in fila, replicando antiche usanze pre-corona, perché hanno qualcosa da dire – e da ridire – e “non sono più tollerabili certe scempiaggini!”. Con questo genere di “altri” il problema c’è: la pandemia ha reso l’umanità forse più solidale, soprattutto a parole, ma per allontanare, ha allontanato!
Gli occhiali rosa ormai mi suggeriscono che quella distanza si può aggiustare fino a farla diventare sana. Basta abbracci e baci ai semisconosciuti di cui si ignora l’abc, basta chiacchiere insulse, si può ristabilire una convivenza civile e corretta con chiunque – vicini e colleghi -, partendo proprio dal vissuto che abbiamo avuto in comune e che ci ha livellato tutti: siamo uguali di fronte all’epidemia, uguali di fronte alla morte, possiamo esserlo anche nella vita comune, cercare di rispettarci reciprocamente, anche se non la pensiamo allo stesso modo, tentare di spiegare le nostre ragioni, se proprio vogliamo, senza necessariamente disprezzare quelle degli altri. Argomentare e essere più dialettici, e più duttili.
Via l’odio come comune denominatore, avanti l’osservazione, la curiosità per gli altri, cercando di tenere a freno i pregiudizi. Questo significa, naturalmente, non aver guardato i mille talk show televisivi in questo tempo di quarantena domiciliare. O averli guardati con gli occhiali rosa.
Buona fortuna, intanto, per i giorni che restano da vivere in clausura.