
Il 19.5.2020 è stato pubblicato sulla G.U. il D.L. n. 34 recante Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. denominato Decreto Rilancio.
Con le misure introdotte dal Decreto Rilancio – salvo eventuali modifiche che ben potrebbero essere introdotte in sede di conversione – il settore dell’edilizia potrà ripartire grazie ad un nuovo ed articolato meccanismo di incentivi fiscali per i lavori di efficientamento energetico e di messa in sicurezza antisismica, che rimetteranno in moto l’edilizia dopo il lockdown, consentendo di effettuare i lavori in alcuni casi anche a costo zero.
Le misure appaiono particolarmente efficaci per valorizzare gli immobili, sostenere il settore delle costruzioni e per generare occupazione.
Questo articolato meccanismo offre a tutti i cittadini la possibilità di procedere a interventi di riqualificazione energetica e di efficientamento antisismico beneficiando di incentivi, sotto forma di credito d’imposta cedibile a terzi ovvero di sconto in fattura, con riduzione del prezzo dovuto al fornitore.
L’obiettivo è quello di concorrere a riqualificare un patrimonio immobiliare residenziale spesso obsoleto e per questo svalutato e, nel caso di riqualificazione energetica, ridurre il costo di climatizzazione dell’abitazione stessa che, com’è noto, pesa non poco sui bilanci delle famiglie.
L’art. 119 del Decreto, inserito nel Titolo VI in tema di misure fiscali, individua con precisione il campo di applicazione degli incentivi previsti. Il titolo infatti recita testualmente: INCENTIVI PER EFFICIENTAMENTO ENERGETICO, SISMA BONUS, FOTOVOLTAICO E COLONNINE DI RICARICA DI VEICOLI ELETTRICI.
L’art. 119 contiene al primo comma un rinvio alla L. 90/2013 art. 14 che già prevedeva delle detrazioni fiscali per interventi di efficientamento energetico, nella misura del 65/50%, e detta, sul punto, una disposizione migliorativa prevedendo una detraibilità del 110% in riferimento alle spese effettuate dal 1 luglio 2020 al31.12.20121, da ripartire in 5 anni, relative agli interventi specificamente individuati e descritti.
Per accedere alle detrazioni gli interventi dovranno assicurare il miglioramento di almeno 2 classi energetiche, che dovrà essere dimostrato tramite APE rilasciata da un tecnico abilitato nella forma di una dichiarazione asseverata.
Si precisa, inoltre, che rientrano tra le spese detraibili quelle sostenute per il rilascio delle attestazioni e le asseverazioni ed il visto di conformità ai fini dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui al successivo art. 121
Inoltre, in caso di installazione di impianti solari fotovoltaici, la detrazione è altresì subordinata alla cessione al GSE dell’energia non auto consumata.
E’ superfluo sottolineare i vantaggi in termini di risparmio conseguenti alla installazione di un fotovoltaico. Oltre a ridurre in modo considerevole i costi dell’energia in bolletta i costi vengono abbattuti ulteriormente grazie alla vendita del surplus, creando in tal modo un circolo virtuoso.
Gli incentivi fiscali si applicano agli interventi effettuati dai CONDOMINI e dalle PERSONE FISICHE sulle unità immobiliari, fatta eccezione per le unità unifamiliari diversi da quelli adibiti ad abitazione principale anche se , con ogni probabilità, in sede di conversione gli incentivi saranno estesi anche alle seconde case (mentre sarà possibile utilizzarlo per le seconde case condominiali o plurifamiliari,) ed, infine dagli IACP e dalle Cooperative.
E’ appena il caso di rilevare che, mentre il privato persona fisica può decidere liberamente di effettuare gli interventi, dovendo la sua scelta tener conto soltanto della fattibilità dell’intervento dal punto di vista tecnico (considerato che, quanto ai costi, questi non rappresenterebbero più un ostacolo, alla luce degli incentivi introdotti) gli interventi volti a migliorare l’efficienza energetica del condominio e ridurre i consumi devono, ovviamente, passare per l’approvazione dell’assemblea.
Orbene, com’è noto, affinché un’assemblea possa legittimamente deliberare, ai sensi dell’art. 1136 c.c., occorre che tutti i condomini siano stati previamente invitati a partecipare. Tra le diverse formalità, nell’avviso di convocazione deve essere indicato precisamente il luogo ove si terrà la riunione (Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1999, n. 14461).
Come ogni professionista, anche l’Amministratore di Condominio si trova a dover fare i conti con l’emergenza da Covid-19.
Difatti, a seguito dei recenti provvedimenti, locali e nazionali, per tentare di contenere l’emergenza sanitaria epidemiologica nota come Coronavirus e, in particolare, ai sensi degli ultimi DPCM di marzo 2020, è stato disposto l’assoluto divieto di tenere assemblee, tra le quali quelle di Condominio su tutto il territorio nazionale.
Peraltro, questi limiti potrebbero ritenersi superabili per mezzo di una assemblea in videoconferenza dal momento che il luogo della convocazione è indifferente purché sia tale da non inibire la libera discussione e la successiva espressione di voto anche a un solo condomino.
La partecipazione all’Assemblea viene regolamentata dall’art. 1136 c.c., e la norma non precisa se l’intervento debba consistere in una presenza fisica oppure se sia possibile anche una presenza da “remoto o virtuale”.
E’ ben vero che l’art. 66 disp. att. c.c. stabilisce che l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale deve indicare espressamente il luogo ove si svolge la riunione, facendo intendere che deve essere un “luogo fisico”, come ha confermato anche la giurisprudenza di legittimità. Al riguardo, si ritiene che l’indicazione di un luogo fisico vada rispettata a benefìcio di chi vuole partecipare fisicamente all’assemblea senza escludere la possibilità per gli altri condòmini di sfruttare le nuove tecnologie.
Secondo alcuni Autori, sarebbe possibile adottare “per analogia” la normativa sulle riunioni dell’assemblea delle società di capitali (art. 2370 c.c.) che consente la partecipazione dei soci in videoconferenza solo se lo statuto sociale lo prevede; difatti, secondo la norma, “Lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. In proposito, i giudici di legittimità hanno affermato che è applicabile anche alle deliberazioni delle assemblee dei condomini degli edifici la disposizione di cui all’art. 2377, comma 8, c.c.,
Dunque, seguendo tale linea interpretativa, sarebbe possibile, con alcuni accorgimenti, una riunione di Condominio in videoconferenza purché l’Amministratore consenta a tutti i condomini di partecipare alle riunioni in videoconferenza.
In ogni caso, l’assemblea dovrà sempre svolgersi in un luogo fisico “centrale” che andrà indicato nell’avviso di convocazione e la verbalizzazione deve contenere le dichiarazioni e i voti di chi partecipa al pari di tutti gli altri condomini come se fossero fisicamente presenti tutti nello stesso luogo.
In conclusione, sembrerebbe possibile lo svolgimento di un’assemblea telematica, con videoconferenza, anche in ambito condominiale.
Ciò precisato, con riferimento all’oggetto della delibera che ci interessa il legislatore, al fine di rendere effettiva la volontà di favorire il risparmio energetico e la realizzazione di opere aventi un minore impatto ambientale, ha emanato norme – con destinatario il condominio – con cui viene prevista la possibilità di realizzare interventi aventi i suddetti obiettivi con la previsione di quorum deliberativi più favorevoli.
Considerato che tali lavori comportavano una spesa rilevante per il condominio, anche al fine di evitare possibili impugnative delle delibere, è opportuno individuare i vari interventi ed indicare la maggioranza richiesta dal legislatore per la loro realizzazione.
Con la legge 220/2012, “cd. Riforma del condominio”, il legislatore ha inserito tali opere nell’elenco contenuto nell’art. 1120 c.c. disciplinante le innovazioni, pertanto, per una valida delibera, occorreva la maggioranza degli intervenuti rappresentati la metà + 1 del valore dell’edificio.
Peraltro, si ritiene che le norme succedutesi nel tempo non abbiano abrogato quanto stabilito dall’art 26 della Legge 10/1991 (norme per l’attuazione del piano energetico nazionale); al fine di coordinare le diverse normative si afferma che, ad oggi, siano disciplinate due diverse ipotesi a seconda o meno che le opere da eseguire siano state individuate tramite un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica redatti da tecnico abilitato.
Solo la presenza dell’Ape o della diagnosi energetica con la previsione di tali opere ne permette la valida delibera con il quorum agevolato rappresentato dalla maggioranza degli intervenuti rappresentanti 1/3 dei mm.; in assenza, sarà necessario ottenere l’approvazione da parte della maggioranza degli intervenuti rappresentanti 501 mm.
Per concludere, la legge 10/91, così come si presenta attualmente dopo le modifiche apportate dal legislatore negli ultimi anni, dispone un quorum agevolato più basso, in riferimento a interventi di risparmio energetico. Pertanto, con riferimento agli interventi di efficientamento energetico, sarà sufficiente, per una valida delibera, la maggioranza degli intervenuti e 1/3 dei millesimi, a condizione però che gli interventi sull’edificio e sugli impianti sottoposti all’assemblea siano individuati tramite un attestato di certificazione energetica, oppure una diagnosi energetica, redatti da un tecnico abilitato.
AVV. SERGIO CASTAGNA
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