Segreti di famiglia

Grazia e Adamo sono madre e figlio. Lei è stata un’insegnante di Lettere al liceo, lui è uno scrittore di teatro prestato alla soap opera per necessità. Ora la sua commedia pronta per le scene ha una battuta d’arresto: l’attore protagonista preferisce il cinema al teatro e se ne va all’improvviso.
Adamo è affranto. Fare lo scrittore in Italia è dura: il teatro è quasi inesistente e gli autori sembrano invisibili, tornare a lavorare alla soap che gli permetteva di vivere sembra essere l’unica soluzione, ma la sola idea lo deprime. Per fortuna c’è la mamma. Da cinque anni non vivono più nella stessa casa, e nemmeno nella stessa città, ma per un po’ può funzionare.
O meglio, potrebbe funzionare, se, all’arrivo del figlio, Grazia non avesse una reazione inaspettata: a casa non ce lo vuole. È disposta sì a ospitarlo qualche giorno, una settimana al massimo, ma non di più.
È così che facciamo la conoscenza di questa donna forte, brusca, ironica fino al cinismo. E anche di questo ragazzo, che ragazzo non è più, complesso, dubbioso, fragile e buono.
La commedia di Enrico Luttmann si svolge in due tempi diversi che s’incrociano sul palco, cadenzati dalle luci e dai movimenti del protagonista: Adamo dal proscenio parla direttamente agli spettatori per raccontare la vicenda che si dipana sulla scena vera e propria.
La scrittura è intelligente, ritmata: alle battute sagaci di Grazia rispondono quelle altrettanto acute di Adamo, a testimoniare che la relazione tra madre e figlio c’è ed è ricca e affettuosa, anche se sembra in crisi.
E il dialogo si dipana in un’apparente comicità che nasconde la densità dei sentimenti.
Adamo ha un segreto da rivelare e, costretto, se ne libera con fatica. Ma è il segreto di Pulcinella, Grazia già lo sapeva.
Anche Grazia ha un segreto, ma per rivelarlo c’è bisogno di un intervento esterno, perché i ruoli sono ben chiari: lei è la madre, e la madre innanzitutto protegge i figli dai dolori.
Pian piano Grazia e Adamo si raccontano l’una all’altro, con i loro difetti e i loro sogni. Lei che avrebbe voluto essere elegante e sottile come Audrey Hepburn e ha ripiegato, per le somiglianze, sul cappello di “Colazione da Tiffany”; lui che avrebbe voluto conoscere meglio un padre fuggitivo e diventare un grande scrittore e ha finito per accontentarsi della televisione.
Dal primo disvelamento in poi i segreti di famiglia si moltiplicano e Adamo viene a conoscenza di una realtà che non immaginava e scopre finalmente sua madre come persona e non solo come genitrice. I giorni passati a casa di Grazia gli serviranno per risistemare la sua esistenza e ricomporre le tessere di quel puzzle che sono le vite di tutti.
Condotti dalla leggerezza profonda che pervade tutti i lavori di Luttmann sbirciamo dalla serratura dell’appartamento di Grazia e riconosciamo – come figli e/o come genitori – le ritrosie e gli affanni che si instaurano nelle dinamiche familiari e accompagniamo Adamo e Grazia verso una dimensione diversa che li separa, ma cementa per sempre la loro relazione.
E tra una risata e l’altra – le battute sono divertenti e mai banali – si piange anche un po’, perché, come si dice? il teatro è come la vita.
Bravi e calati nella parte Viviana Toniolo e Stefano Messina, diretti con serietà e dolcezza da Marco Casazza.
La programmazione del Teatro Vittoria non delude mai e la commedia di Enrico Luttmann, in scena fino al 15 ottobre, è da non perdere.

SEGRETI DI FAMIGLIA
di Enrico Luttmann
regia di Marco Casazza
con Viviana Toniolo e Stefano Messina