Non una di meno

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Palloncini rosa fucsia, riempiti d’aria ma anche di riso, perché potessero suonare e dare un ritmo ai passi, e su ognuno di quei palloncini, scritti col pennarello, un nome e una data: ricordo delle donne uccise per mano di un padre, di un amico, di un compagno, di uno sconosciuto. Questa è stata l’unica concessione fatta alla morte, perché non si possono dimenticare quei nomi e quelle date se si vuole cambiare veramente la sostanza della relazione tra uomini e donne.
Ma il resto, la manifestazione, i canti, gli slogan delle donne presenti (ma c’erano anche gli uomini), erano tutto fuorché ricordo di morte. Perché le donne – tante, di tutte le età, nessuna targa di partito, tutte politicamente forti della loro presenza al mondo in quanto più della metà dello stesso cielo, hanno voglia di esserci, senza paura e senza più remore.

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Eravamo tante, a Roma, ieri, dalle 14,00 a sera, nel corteo che ha sfilato da piazza Esedra a Piazza San Giovanni in Laterano, ma tante anche nel resto d’Italia, tante nel mondo. Era bello vedere donne dalla faccia segnata dal tempo che sfilavano con le loro nipoti col viso fresco dipinto da mille colori. Era bello vedere i sorrisi, sentire gli slogan di forza, di lotta, di resistenza. “Non una di meno”, per combattere un pensiero strisciante e strutturale che ci perseguita da secoli e secoli, per rivoluzionare dall’interno una radice che scava nel profondo dell’anima di tutti – uomini e donne – e ha fatto danni a non finire. Radice per la quale c’è un padrone e c’è una sottoposta, radice per la quale c’è un utilizzatore e una proprietà da utilizzare, radice profonda che va strappata via a cominciare dall’educazione di base, dai bambini, dalle famiglie, dalla scuola. Senza falsi buonismi, senza false ideologie.
Siamo donne e siamo uomini, con le differenze di base e con i diritti, gli stessi, di stare al mondo e il nostro essere diversi non ci deve spaventare, né farci sentire inferiori – e qui parlo soprattutto agli uomini, in difficoltà evidentemente, se si riducono ad usare solo la violenza per far capire il loro valore.
Siamo donne e siamo uomini e vogliamo vivere senza detestarci, senza temerci, riponendo fiducia nel nostro essere uniti.
E se è davvero una guerra, come titolano giornali e televisioni, è ora di guardarci in faccia e chiederci, sinceramente, a chi giova tutto questo.