Per evitare il peggio

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Ancora donne assassinate dai propri compagni. Nell’ultima settimana altre due.
Più si scava nella cronaca di questo inizio secolo e più sembra evidente che tra i due sessi serpeggia un odio strisciante. Fatto di che cosa? Rivalsa atavica? Cattiva coscienza? Pessima consapevolezza di sé? Chi lo sa. Viene naturale chiedersi quanto abbia contribuito a renderci odiosi gli uni agli altri – non solo per censo, per educazione, per etnia, per nazionalità, addirittura per sesso! – la politica. E la pubblicità, il pensiero comune, la mercificazione dei corpi, maschile e femminile, che peso hanno avuto?
Soprattutto, che cosa ha significato per la psiche di tutti l’imperativo categorico di prendersi quello che si vuole, e quindi anche l’amore o la felicità?
Cambiare passo per una civiltà come la nostra, cattolica e conservatrice, abbandonare certezze assolute e secolari per incertezze cosmiche può aver portato tanto sconcerto e tanto dolore collettivi, senza che nessuno se ne sia reso conto e abbia avuto il tempo, la profondità, la cura, di studiare le modalità per un cambiamento più graduale e più consapevole.
E’ mancata insomma l’educazione profonda da impartire affinché tutto mutasse con delicatezza e senza strascichi, e certe sacrosante inversioni di tendenza, sembra evidente, non sono state accettate se non formalmente, la realtà è poi tutt’altra cosa.
Un controllo più accurato della psiche collettiva sarebbe stato utile. Ma nella nostra bella società consumistica, le necessità riconosciute sono solo materiali: ho quindi sono, più ho più consisto, i sentimenti per decenni sono stati assenti da questo panorama, o meglio, sono stati assimilati alle cose: merce di scambio anche quelli, elementi da cui entrare e uscire con la stessa semplicità con cui si compra, si usa e poi si butta via. Ma non è così, perché le emozioni e i sentimenti ispirati dalle persone non hanno la stessa durata e lo stesso impatto delle cose.

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Sono stati fatti enormi passi avanti, non c’è dubbio: si è pensato di aiutare i soggetti più deboli, le donne, fornendo loro leggi più giuste, ma si dice che a volte si faccia pendere la bilancia dalla loro parte. Il risultato è che attualmente ci sono centinaia di uomini che odiano la propria ex moglie perché gli ha tolto i soldi – e, dicono, l’amore dei figli. E ci sono centinaia di donne che tollerano a malapena il proprio ex marito perché le ha ferite e lo ricattano affettivamente usando i figli come grimaldello del proprio potere.

Insomma, sembra esserci qualcosa di sbagliato nella relazione tra i sessi. Forse, a monte, è sbagliata la tendenza a pensare che l’unione tra uomo e donna possa essere eterna, (com’era un tempo quando le donne subivano e gli uomini sopportavano), che l’amore possa durare a prescindere da tutto, e anche che, una volta appurato che non funziona più, si possa scucire la trama preparata per un tempo più o meno lungo con un semplice colpo di spugna… La cronaca ci insegna che è più facile con un colpo d’ascia, o di coltello, di pistola o di temperino, arnesi che feriscono, e a volte uccidono. Per non sopportare un periodo di dolore, o lo scorno di un tradimento e dell’abbandono, si preferisce eliminare l’oggetto d’amore, tagliare il filo, togliere la vita all’altro, a chi ci ha dato amore e adesso non ce ne dà più, o a chi era una gioia ed è diventato un peso.
Eppure è necessario fare qualcosa per evitare tutto questo. Vigilare, prima di tutto su di noi e sul nostro stesso vissuto, smantellare le nostre certezze assolute e certi pregiudizi, mettendoci in dubbio e in gioco ogni giorno, ricominciando a guardare la persona che abbiamo davanti e quella che incontriamo allo specchio e chiedendoci chi siamo, che cosa abbiamo in comune.
Utopico? Può essere. Ma piuttosto che ammazzarci, è meglio provare a migliorarci.