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Scorrono fiumi di cocaina, MDMA, exstasis e alcol, nel primo atto di “ Loro “, l’attesissimo film che Paolo Sorrentino dedica a Silvio Berlusconi, raccontandolo non dal punto di vista del politico e dell’imprenditore ma dell’uomo, un uomo ridicolo nel suo essere profondamente grottesco, simpatico e buffone. Siamo lontani dalla cupezza, dalla malvagità e anche dall’allure de “ Il divo “, restiamo invece nel mood de “ La grande bellezza “, nonostante il capolavoro per eccellenza del regista sia stato ambientato in un mondo e in un’atmosfera che possiamo definire opposti a quelli di “Loro “.

E poi, naturalmente, c’è il sesso. Utilizzato come tangente, consumato con violenza e tecnicismo quasi sempre accompagnato da strisce di cocaina, tra i sofficini preparati in fretta per i figli,  le orge ammorbidite e illanguidite dalle sostanze sintetiche e le tavolate delle ragazze giovanissime e belle tra cui saranno scelte le olgettine.

Anche in questa opera, Sorrentino non riesce a fare a meno di proporre citazioni cinefile, dalla giostra all’odalisca, alla presenza inquietante degli animali, la pecora che muore per il freddo dell’aria condizionata o il grosso topo che si aggira tra le strade del centro di Roma.

Gli anni narrati sono quelli tra il 2006 e il 2010, quelli dell’inizio della decadenza di Lui, come viene chiamato da tutta la corte che gli sta intorno, e della politica all’opposizione, anche se alla politica Sorrentino non accenna mai, se non in qualche battuta sui comunisti, le aziende di famiglia e l’ammirazione per Putin.

La prima parte del film è dominata dalla presenza di Scamarcio, alias Tarantini o Sergio Morra pugliese come l’attore, ruolo perfetto nella sua raggelante miseria umana e nella smodata ricerca di affermazione. É infatti solo nella seconda parte del film, che compare Lui, confinato con moglie e nipoti in una Villa Certosa non ancora invasa dal clamore che, negli anni successivi, contribuirà  alla narrazione di molta della storia berlusconiana, e della sua conclamazione più evidente per gli italiani, nel vortice di foto su magazine di Vip, ragazze, feste e cene eleganti che tutti conosciamo. Veronica Lario è una splendida e dolente Elena Sofia Ricci, che legge Saramago e impone le giornate senza telefonino, ancora pronta a salvare il matrimonio a meno che non venga lesa la sua dignità di donna.

Il film merita naturalmente di essere visto e apprezzato nella sua molle complessità, e non solo osservato da un punto di vista sociologico o storico, malgrado la presenza di molti personaggi e vicende della politica italiana, da Bondi a – forse – il riferimento alla brutta vicenda di Bertolaso al Salaria Sport Village.

Aspettiamo il secondo atto, che uscirà tra poco nelle sale, e probabilmente sarà più centrato sulla figura di Berlusconi e della sua carriera sociale.

E chissà se a Silvio, che possiamo immaginare spettatore solitario, attento e compiaciuto del film in una delle sue sale di proiezione private, piacerà il ritratto che Sorrentino ne ha tracciato magistralmente. Per ora, pensiamo di sì.