Mi sa che fuori è primavera

Accoglie il pubblico prima dell’inizio dello spettacolo e chiede a cinque sei persone di stare con lei in scena e di interpretare le parti che lei assegnerà loro, chiede di leggere piccole frasi, o semplicemente di farsi inquadrare da una telecamera che maneggia lei. Non è un impegno gravoso, e non è una istigazione al protagonismo narcisistico dei nostri tempi. In realtà quelle persone, quelle parti, sono forse la necessità di rivestire di realtà una vicenda così terribile che rischia di trascinare nel gorgo della follia. L’attrice interpreta una donna, una madre, che ripercorre come in uno psicodramma l’accaduto, aiutata dal pubblico perché da sola non può farcela. E insieme a quegli interpreti improvvisati lei narra di sé, del suo matrimonio, del suo lavoro, delle sue figlie, perché ha bisogno di fare i conti col suo lutto, di condividerlo.
La storia è vera ed è stata in cronaca. Il 26 gennaio 2011 un uomo svizzero separato dalla moglie italiana porta con sé le figlie gemelle di sei anni e sparisce. Lo ritroveranno in Italia, in Puglia, suicida sui binari della ferrovia. Delle figlie non si saprà più nulla. Mai più.
Una storia atroce. Ne leggiamo spesso di simili in cronaca: genitori – più spesso padri – che uccidono i propri figli e poi si suicidano. Alle volte, pietosi, uccidono anche la madre, alle volte no, la lasciano viva, a soffrire una mancanza talmente contro natura che la nostra lingua non la definisce con una parola: si può essere orfani, vedovi, ma non c’è definizione per un genitore che perde i figli. Quei figlicidi sono la vendetta, la pena per aver lasciato, per aver tradito, per aver chiuso una relazione.
Mi sa che fuori è primavera è un monologo teso, composto e composito, che racconta una storia comune, un incontro, un matrimonio, i dubbi, la separazione. E poi la tragedia. E racconta anche l’indifferenza della Svizzera, il sospetto sulla straniera, il ritardo nelle ricerche, l’inconsistenza delle indagini, le richieste di aiuto inascoltate. Racconta la disperazione, la quasi morte.
Ma c’è anche la rinascita, attraverso un amore. E aldilà dell’orrore che suscita la storia in sé, una delle cose più commoventi è proprio la descrizione dell’incontro nuovo, la possibilità di sorridere, di vivere, anche senza potere e volere dimenticare.
La storia è quella di Irina Lucidi, avvocata oggi cinquantenne, fondatrice di Missing Children Switzerland, che offre sostegno a livello psicologico, sociale e giuridico alle famiglie e ai congiunti vittime di una scomparsa di minore. Quando i riflettori sulla sua vicenda si sono spenti, Irina ha contattato Concita De Gregorio perché voleva essere ascoltata. Da quell’incontro è nato un libro, “Mi sa che fuori è primavera”.
L’adattamento teatrale di Gaia Saitta, che è Irina sulla scena, è intenso e usa una lingua semplice ma preziosa. Così pure la regia di Giorgio Barberio Corsetti.
Al Teatro India di Roma fino a domenica 13 maggio.

AL TEATRO INDIA – ROMA
MI SA CHE FUORI E’ PRIMAVERA
dal libro omonimo di Concita De Gregorio
progetto di Giorgio Barberio Corsetti e Gaia Saitta
adattamento teatrale di Gaia Saitta
regia di Giorgio Barberio Corsetti
con Gaia Saitta
scena Giuliana Rienzi
video Igor Renzetti
luci Marco Giusti
produzione
Fattore K
Doc. Coop. Teatro Stabile delle Arti Medioevali
Forteresse, Fondazione Odyssea