
L’ Art. 106 “Modifiche dei contratti durante il periodo di efficacia”, affronta tre profili rilevanti delle modifiche in corso di esecuzione: le varianti progettuali, le modifiche del corrispettivo e la durata e rinnovo del contratto. Trattandosi di profili eterogenei, sarebbe stato opportuno seguire le indicazioni del Consiglio di Stato che suggerivano una suddivisione in più articoli
La norma in questione (recepisce la direttiva 2014/24/ue art. 72 e la direttiva 2015/25/ue art. 89) si occupa prioritariamente di individuare i casi in cui le modifiche dei contratti di appalto, nei settori ordinari e nei settori speciali, non richiedono una nuova procedura di affidamento.
Primo caso: Art. 106 primo comma lett. a ….individua le varianti previste in clausole dei documenti di gara iniziali ;tali clausole devono essere chiare, precise ed inequivocabili al fine di definire la portata, la natura, nonché le condizioni alle quali è possibile ricorrervi, anche facendo riferimento alle varianti dei prezzi e dei costi standard ove definiti. La previsione di tali clausole non è esente da limiti. Oltre ai limiti di prezzo, le variazioni in aumento o in diminuzione possono essere valutate sulla base dei prezziari ex art. 23 comma 7 Dlg.vo n. 50/2016 solo per l’eccedenza rispetto al 10% rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà; mentre per i servizi e le forniture di soggetti aggregatori si rimanda all’art. 1 comma 511 legge n. 208/2015 (ossia “qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni, che abbia determinato un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10 per cento e tale da alterare significativamente l’originario equilibrio contrattuale, come accertato dall’autorita’ indipendente preposta alla regolazione del settore relativo allo specifico contratto, ovvero, in mancanza dall’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato, l’appaltatore o il soggetto aggregatore hanno facolta’ di richiedere, con decorrenza dalla data dell’istanza presentata ai sensi del presente comma, una riconduzione ad equita’ o una revisione del prezzo medesimo”), è chiaro che le modifiche non devono alterare la natura generale del contratto.
Secondo caso art. 106 comma 1 lett. b è quello delle varianti non previste nei documenti di gara iniziali, consistenti in lavori, servizi o forniture supplementari da parte del contraente originario, quando la variazione del contraente risulti impossibile sia per motivi economici o tecnici (quali il rispetto di interoperabilità e intercambiabilità tra apparecchiature servizi o impianti forniti nell’appalto iniziale), sia perché esporrebbe la stazione appaltante a notevoli disguidi e ad una notevole duplicazione dei costi.
Nel caso sopra menzionato di modifica è necessaria la comunicazione all’Anac ex art. 106 comma 8 e l’obbligo di pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea ex art. 106 comma 5…. quanto al limite massimo consentito, la norma precisa (ex art. 106 comma 7) che per i soli “settori ordinari”, l’estensione del contratto non può essere superiore al 50 percento del valore del contratto iniziale e che, in caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica, tuttavia il limite del 50 % trova applicazione solo nei settori “ordinari” Il che lascia supporre che relativamente ai “settori speciali” non vi è alcun limite ;
tale disposizione si presta a diverse osservazioni….
In primo luogo si tratta di lavori, servizi e forniture che il nuovo codice si limita a definire come supplementari, senza scendere nello specifico. Inoltre non è chiaro cosa si intenda né per impraticabilità economica, né per impraticabilità tecnica. Sulla prima non si specifica se esista un limite oggettivo all’impraticabilità o se essa coincida con la duplicazione dei costi. Sulla seconda la norma sembrerebbe indicare una impossibilità connessa all’intercambiabilità ed interoperabilità tra apparecchiature che, riferendosi ai soli appalti di servizi e forniture (tra l’altro neanche in maniera tassativa), lascia la definizione dell’impossibilità alla sola discrezionalità e interpretazione della stazione appaltante.
Il Terzo caso ex art. 106 comma 1 lett. c è quello delle varianti in corso d’opera, cioè quelle modifiche genericamente necessarie a causa di circostanze non previste e non prevedibili da parte della stazione appaltante, che comunque non alterino la natura generale del contratto.
Si tratta, quindi, di varianti in corso di opera ancorate ad un parametro qualitativo (natura del contratto) e ad un parametro normativo (circostanze imprevedibili). Proprio quest’ultimo parametro si è rivelato fondamentale – in vigenza del precedente codice – per evitare che lo strumento delle varianti in corso d’opera si prestasse ad utilizzi distorti. Il rischio, infatti, è che senza il parametro dell’imprevedibilità, le varianti in corso d’opera possano essere utilizzate per sanare errori della progettazione già noti all’appaltatore in fase di gara.
Si tratta, indubbiamente, di varianti riconducibili ad eventi non solo non previsti dalla stazione appaltante al momento della progettazione, ma che non lo erano comunque, anche con l’uso dell’ordinaria diligenza. La direttiva comunitaria (24/2014/UE) precisa che il concetto di circostanze imprevedibili si riferisce a circostanze che non si potevano prevedere nonostante una ragionevole e diligente preparazione dell’aggiudicazione iniziale da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, tenendo conto dei mezzi a sua disposizione, della natura e delle caratteristiche del progetto specifico, delle buone prassi nel settore in questione e della necessità di garantire un rapporto adeguato tra le risorse investite nel preparare l’aggiudicazione e il suo valore prevedibile (considerando n. 109). Tra le circostanze che possono determinare la variante in questione, la norma in commento menziona “anche” la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti. L’utilizzo dell’avverbio “anche” fa si che l’individuazione di tali casi non assuma carattere tassativo. Ben potendo, quest’ultimo, essere esteso ad altre ipotesi.
Dunque appare evidente come la norma contenuta nell’articolo 106 comma 1 lett. c operi una generalizzazione che, prestandosi ad interpretazioni flessibili, non appare idonea ad individuare con precisione in quali casi si possa ricorrere a varianti in corso d’opera senza una nuova procedura di gara. Una enumerazione dei casi (almeno quelli più rilevanti o ricorrenti) in cui ammetterle, accompagnate dai criteri generali forniti dalla norma, sarebbe stata preferibile.
In ogni caso, la norma precisa che per gli appalti nei settori “ordinari” resta fermo il limite del 50 percento, previsto al comma 7 dell’art. 106. In ogni caso – e, quindi, anche per i settori speciali – la modifica non deve alterare la natura generale del contratto. Quanto al limite massimo applicabile ai settori speciali, possono valere le considerazioni espresse a proposito delle prestazioni “supplementari”. … Anche per le varianti previste dall’art. 106 comma 1 lett.c si rimanda all’ obbligo di pubblicazione ex art. 106 comma 5….
Quarto caso ex art. 106 comma 1 lett.d è quello di varianti (sostituzioni) del contraente originario a causa: a) di una clausola di revisione prevista nei documenti di gara (rispettando i requisiti delle clausole dei documenti di gara che prevedono modifiche al contratto); b) di successione mortis causa, di contratto o di ogni intervento di ristrutturazione societaria, purché il nuovo contraente rispetti i requisiti originariamente previsti per l’aggiudicazione della gara e che tale sostituzione non sia finalizzata ad eludere il codice; c) di assunzione degli obblighi del contraente nei confronti dei subappaltatori, da parte della stazione appaltante….Si deduce che la “sostituzione” sembra possibile solo nei confronti dell’aggiudicatario iniziale .
Il quinto caso ex art. 106 comma 1 lett.e è quello delle varianti non sostanziali, secondo le soglie stabilite nei documenti di gara. Il parametro per considerare una modifica come “sostanziale” è fornito dal successivo comma 4 che individua tali tipologie di modifiche in quelle che alterano considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti. La norma sembra recepire la definizione di modifiche non sostanziali contenuta sia nell’articolo 132 del precedente codice, che nel sesto comma dell’articolo 311 del d.P.R. 207/2001. Ai sensi di tale ultima disposizione, riferita alle varianti progettuali (modifiche non sostanziali) disposte dalla stazione appaltante che l’esecutore era tenuto ad eseguire su ordine del direttore dei lavori, le modifiche sostanziali coincidevano con quelle che potevano alterare, sostanzialmente, la natura delle attività oggetto del contratto e non comportassero a carico dell’esecutore maggiori oneri.
Il concetto di modifica sostanziale – va precisato – non può essere inteso in senso oggettivo ed immodificabile, ma va parametrato ad una verifica caso per caso della volontà iniziale delle parti. Al riguardo la nuova direttiva “concessioni”, infatti, precisa che nel caso in cui la modifica dimostri l’intenzione di rinegoziare i termini o le condizioni essenziali della concessione, allora sarà necessario procedere ad una nuova procedura di gara.
Il sesto caso, di cui al comma 2 dell’art. 106, è quello di varianti a causa di errori nella progettazione esecutiva, a condizione che tali errori abbiano l’effetto di pregiudicare, totalmente o parzialmente, la realizzazione o l’utilizzazione dell’opera.
La responsabilità dei titolari di incarichi di progettazione è confermata dal comma 9 dell’articolo in parola che, tra l’altro, attribuisce all’appaltatore la responsabilità per gli oneri ed i ritardi conseguenti alla necessità di introdurre varianti in corso d’opera per carenze della progettazione esecutiva.
Tali carenze sono quelle che il successivo comma 10 definisce come “errori ed omissioni di progettazione”, consistenti nell’inadeguata valutazione dello stato di fatto, nella mancata od erronea identificazione delle norme tecniche vincolanti, nel mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti, nella violazione di regole di diligenza in fase di predisposizione degli elaborati.
Settimo caso ex art. 106 comma 11 disciplina la “proroga” del termine contrattuale. La norma prevede che la durata del contratto possa essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione, se è prevista nel bando e nei documenti di gara una tale opzione. In ogni caso, la proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. Per il tempo di durata della proroga, il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni, previste nel contratto, agli stessi prezzi, patti e condizioni, o più favorevoli per la stazione appaltante. Dalla “proroga” deve essere tenuto distinto il cosiddetto “termine suppletivo”. Esso consiste in uno slittamento del termine di ultimazione dei lavori, nei casi in cui l’imputabilità della maggiore durata del contratto non dipende dall’appaltatore.
La ratio dell’inserimento di tale disposizione nell’articolo 106 sta nel fatto che la proroga rappresenta modificazione del contratto che non richiede una nuova procedura di gara.
La proroga può essere legittimamente negoziata se saranno soddisfate tre condizioni.
La prima condizione è anzitutto che si tratti di un contratto in corso di esecuzione.
La seconda è che tale proroga sia prevista, con apposita clausola, nel bando o nei documenti di gara. L’importanza di tale condizione appare evidente nel momento in cui si osserva come essa svolga la funzione di tutelare l’interesse generale alla concorrenza. Il fatto che la possibilità di proroga o rinnovo siano previsti all’interno dei documenti di gara è, infatti, equiparabile alla situazione nella quale i contraenti si troverebbero nel caso in cui l’azienda, ab initio, avesse operato una scelta immediata per la più lunga durata del contratto.
La terza condizione è che essa sia limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione del nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante.
La limitazione temporale si accompagna ad una adeguata e puntuale motivazione che dia conto degli elementi che conducono a disattendere il principio generale di gara.
Discorso diverso vale, invece, per il rinnovo. Il divieto di rinnovo esprime un principio generale del diritto comunitario, alla stregua del divieto di proroga senza previsione nei documenti di gara, a confermarlo, la lettera dell’articolo 106 fa riferimento esclusivamente alla proroga.
Resta fermo il diritto (potestativo) della stazione appaltante di disporre, ove necessario, un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto (c.d. quinto d’obbligo), che l’appaltatore ha l’obbligo di eseguire alle stesse condizioni previste nel contratto originario, senza potersi sottrarre all’esecuzione, facendo valere la risoluzione del contratto.
Ai sensi dell’art. 106 comma 6 …. “tutte le altre modifiche o varianti non rientranti nelle fattispecie ex commi 1 e 2 dell’art. 106 necessitano di una nuova procedura di gara, nuovo cig e ricorso all’art. 63 del Dlgs.vo n. 50/2016”.
Procedura di autorizzazione. Obblighi di informazione e Comunicazione.
La norma si occupa anche di aspetti legati alla procedura e alla pubblicità di tale jus variandi. In particolare il primo comma dell’art. 106 precisa che le modifiche debbano essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante da cui il RUP dipende.
Quando si tratti di modifiche non previste nei contratti di gara (senza possibilità di modifica del contraente), nonché di varianti in corso d’opera, l’avviso di modificazione del contratto dev’essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, seguendo le disposizioni dettate dall’articolo 72 per i settori ordinari e dall’articolo 130 per i settori speciali.
Per le modifiche non previste nei contratti di gara (senza possibilità di modifica del contraente) e per quelle derivanti da errori nella progettazione esecutiva, è previsto l’obbligo della comunicazione all’ANAC di tali modifiche entro il termine di 30 giorni, a pena di sanzione pecuniaria; nonché l’obbligo di comunicare, sulla propria sezione “Amministrazione Trasparente”, l’elenco delle modificazioni contrattuali comunicate, con indicazione dell’opera, della stazione appaltante, dell’aggiudicatario, del progettista e del valore della modifiche.
Infine, per gli appalti e le concessioni sotto soglia comunitaria, le varianti in corso d’opera sono comunicate dal RUP all’Osservatorio dei Contratti Pubblici. Per quelli sopra soglia, dove le varianti superino il dieci per cento dell’importo originario del contratto, il RUP trasmette la comunicazione delle modificazioni all’ANAC, unitamente al progetto esecutivo, all’atto di validazione e ad un’apposita relazione del RUP, entro 30 giorni dall’approvazione della modifica da parte della stazione appaltante. L’inadempimento di tali obblighi informativi è sanzionato dall’ANAC.
Gli obblighi di comunicazione e informazione, già presenti nel precedente codice, sembrano essere un rimedio alle lacune delle norme sulle modifiche (in special modo quelle consistenti in lavori supplementari), mediante i poteri di controllo dell’ANAC ed un un controllo generalizzato della collettività. A tali obblighi si accompagna il ruolo del RUP nella fase che precede tali modificazioni. Se tale ruolo sarà interpretato dalla giurisprudenza conformemente a quanto accadeva in materia di varianti in corso d’opera (ma riguardo al direttore dei lavori), l’interesse pubblico potrà essere più correttamente tutelato escludendo che la sua autorizzazione sia surrogabile o sostituibile da accettazione postuma tacita, anche se la modifica sia stata disposta dalla stazione appaltante.
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